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SECONDA PARTE
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STORIA DELLA GUERRA FREDDA

 

Introduzione

 

La Guerra Fredda non è stata solo antagonismo per delle sfere di influenza ma un conflitto ideologico e strategico per il futuro dell’ Europa e poi del mondo.

Una guerra fredda cos’è? Il termine fu usato già nel 1945 da George Orwell che, riflettendo sull’ effetto della bomba atomica, intravedeva una rivalità in cui USA e URSS, non potendo sconfiggersi, avrebbero finito per dominare e opprimere tutti gli altri. Due anni dopo l’ opinionista americano Walter Lippmann lo utilizzò per descrivere l’ antagonismo Mosca - Washington. Nel discorso pubblico dell’ Occidente il termine guerra fredda si usava per descrivere la condizione di ostilità imposta da una minaccia sovietica alla quale bisognava rispondere con fermezza. è Con il passare degli anni il termine finì per connotare un’ intera epoca in cui quanto più la rivalità bipolare si prolungava tanto più si assestava in una paradossale stabilità è PACE IMPOSSIBILE-GUERRA IMPROBABILE.

Benchè il termine sia ormai diventato sinonimo di rivalità bipolare che caratterizzò il quarantennio seguito alla Seconda guerra mondiale la nozione di guerra fredda ha una sua specificità concettuale è reciproca negazione di legittimità tra due avversari che, pur attenti a non precipitare nello scontro bellico diretto, si ritengono impegnati in una lotta mortale.

La guerra fredda non fu solo un conflitto ideologico assoluto – come l’ esattezza concettuale vorrebbe – ma non fu neppure un normale antagonismo di potere. Potenza e cultura, geopolitica e ideologia, interagirono costantemente nel dettare le mosse che dovevano innanzitutto scongiurare l’ avanzamento dell’ avversario, poi accrescere la propria capacità di attrazione e condizionamento internazionale e , in ultima analisi, disegnare i lineamenti del mondo del domani. è Questo perché i due sistemi ideologici che definivano l’ Est e l’ Ovest, il socialismo e il capitalismo liberale, avevano in comune il fatto di essere eminentemente trasformativi. Erano filosofie del rinnovamento è entrambi i progetti scaturivano dal collasso dell’ ordine europeo del 1914, a cui volevano dare risposte diametralmente opposte. La diplomazia di Stalin scaturiva da un immaginario storico che postulava un conflitto insanabile tra comunismo e capitalismo, ed era perciò calibrata per una lunga guerra di posizione la cui posta sarebbe stata l’ affermazione del socialismo su scala universale. Gli statisti americani miravano a due sistemazioni postbelliche: volevano ridefinire il capitalismo internazionale, collegandone i poli principali in un sistema che producesse prosperità invece che depressione, liberismo di mercato invece che nazionalismo e autarchia, consenso invece che conflitto e intendevano proteggere tale sistema dal comunismo al quale contrapponevano la visione di una modernità democratica del consumo e della libertà individuale. Per entrambe le superpotenze il fulcro del conflitto era l’ esistenza del comunismo al di fuori dell’ Unione Sovietica.

Nella sua fase iniziale la guerra fredda nasce attorno alla duplice esigenza di rifondare una società libera dal fascismo e circoscrivere l’ influenza del comunismo. L’ epoca della guerra fredda coincide con il momento cardinale delle maggiori trasformazioni del mondo contemporaneo : decolonizzazione, democratizzazione, globalizzazione.

URSS: ideologia rivoluzionaria, estrema militarizzazione e economia semiautarchica non aveva le risorse necessarie per attrarre alleati importanti e articolare un modello di sviluppo credibile, tanto da divenire essa stessa emblema di immobilismo e arretratezza.

STATI UNITI: mostravano di essere la principale forza trasformatrice del XX secolo capace di edificare una supremazia mondiale fondata sulla costruzione di un’ economia mondiale che integrava società diverse.

Globalizzazione e guerra fredda sono fenomeni distinti e sono parzialmente sovrapposti. La convinzione americana che per superare i nazionalismi economici fosse necessario integrare l’ occidente e compattarlo in un poli di solidarietà politica oltre che di liberalizzazione economica è una delle radici della guerra fredda.

Una caratteristica della guerra fredda fu quella di essere combattuta non sui campi di battaglia ma nella sfera della rappresentazione intorno a categorie e principi ( libertà e liberazione, deterrenza e credibilità, integrazione e sovranità).

Va detto che in questo periodo se i sovietici furono particolarmente efficaci nell’ esercitare il controllo poliziesco sui propri alleati e impadronirsi di tecnologie occidentali, gli Stati Uniti svilupparono le migliori tecnologie per sorvegliare e spiare le forze armate avversarie.  Il gioco dello spionaggio reciproco finì per essere uno spazio di guerra clandestina tra apparati che si annullavano vicendevolmente più che una funzione strategica decisiva per la conduzione della guerra fredda.

 

Capitolo primo – Origini della guerra fredda (1944-1949)

 

Nessuno voleva una guerra fredda, non era stata pianificata e non era prevista, per lo meno nelle forme rigide che poi assunse. Quello che si andava delineando negli anni successivi alla 2° GM era una geografia di potenza in cui Stati Uniti e Unione Sovietica primeggiavano.

La guerra fredda prese forma quando l’ URSS di Stalin non poteva concepire la coesistenza internazionale se non in chiave intrinsecamente conflittuale e il governo degli Stati Uniti, insieme a larga parte delle elite europee, si convinse che una ferma contrapposizione ai sovietici fosse la via più efficace (e meno pericolosa) per promuovere interessi, ideali e identità di una coalizione occidentale che prese a definirsi come “mondo libero”.

  1. Orizzonti e aspettative

La devastazione dell’ Europa non aveva precedenti. Non c’ era solo bisogno di una ricostruzione fisica. Il cedimento difronte all’ offensiva nazista, le ampie complicità che il progetto di un nuovo ordine europeo aveva incontrato, l’ incapacità dell’ Europa continentale di liberarsi da sola dall’ occupazione e l’ incipiente crisi degli imperi europei difronte ai movimenti per l’ indipendenza imponevano a ogni paese di rifondare la nazione e ripensare il patto politico fondamentale tra stato e cittadini.

Ci si trovava difronte ad un diffuso desiderio di cambiamento che portasse rassicurazione e pacificazione politica. La gente desiderava costruire un mondo nuovo ma senza scoinvolgimenti.

La potenza tedesca era svanita e tutti intendevano impedire che potesse risorgere. Quella francese si era sgretolata e nel 1940 pochi credevano in una sua rinascita. Sull’ intero continente non c’era la forza tale da poter controbilanciare l’ URSS, si prospettava quindi un condominio di potenza tra sovietici e britannici.

I britannici consapevoli della propria debolezza strategica e finanziaria (dipendenti dai crediti americani) cercarono di ipotecare il dopoguerra intorno a tre pilastri:

  1. Contenere quanto più a oriente possibile la preponderanza militare sovietica, concordando con Stalin sfere d’ influenza che legittimassero la preminenza sovietica in Europa orientale e quella britannica dell’ Europa occidentale e mediterranea .

  2. Impedire che l’ incerto destino postbellico della Germania potesse risolversi a favore dell’ URSS. Grazie al suo patrimonio tecnico e industriale la Germania restava il baricentro del continente. Un controllo sovietico o il passaggio della Germania neutrale a Mosca avrebbe consegnato all’ URSS una posizione di preponderanza schiacciante.

  3. Se la GB doveva garantire la stabilità dell’ Europa occidentale e magari guidare uno schieramento di stati capaci di bilanciare la forza sovietica in centro Europa, era vitale che gli USA non si disimpegnassero dalla ricostruzione europea, restassero a fianco della GB ed esercitassero il contrappeso decisivo alla potenza sovietica.

Era utile perseguire una cooperazione a 3 (USA, GB, URSS) anche dopo la guerra: per avere alcuni decenni di pace e rendere difficile un’ alleanza antisovietica, per consolidare il ruolo dell’ URSS e perché la burocrazia sovietica vedeva il bisogno di ottenere crediti dagli Stati Uniti e ampie riparazioni dalla Germania.

Stalin voleva ricostruire il dominio territoriale è tornando alle frontiere della Russia zarista perse nel 1918 è era primo tassello di sicurezza fondata sul dominio territoriale. Il secondo tassello era il controllo sui paesi dell’ Europa orientale in modo da formare una fascia per cui non potessero più giungere aggressioni. Il terzo era il controllo sulla Germania.

Questa concezione staliniana di sicurezza totale fondata sulla potenza militare del paese e la sua capacità unilaterale di dominio territoriale comprendeva una componente imperiale (espansionismo russo della tradizione zarista) e una componente che riguardava la codificazione staliniana del pensiero leninista con il suo duplice assunto della guerra come conseguenza inevitabile dei conflitti del capitalismo e della rivalità internazionale come manifestazione della lotta di classe e perciò irriducibile.

Scenario del 1945 è delinearsi delle ostilità tra capitalismo e socialismo.

Il dopoguerra doveva portare ad una fase di consolidamento del potere sovietico, per questo era necessario proseguire la collaborazione con gli alleati.

1941 è Stalin riesce ad espandere il suo controllo nei territori dell’ Europa dell’ est. Washington e Londra volevano limitare la sovietizzazione, per questo ci si accordò sulla suddivisione della Germania in zone di influenza.

Sulle parti d’ Europa in cui Stalin non aveva il controllo diretto egli intendeva estendere forme di controllo indiretto attraverso la cooperazione con gli alleati occidentali.

La Germania non doveva tornare ad essere una potenziale minaccia e non doveva cadere sotto il controllo unilaterale di una sola potenza è questo punto era condiviso da tutti.

Zona di occupazione sovietica in Germania: repressione, terrore, saccheggi, stupri.

USA è dopoguerra è potenza che poteva offrirsi al mondo come esempio di organizzazione sociale  ( raddoppiata la produzione industriale / aumento della ricchezza procapite del 60% / primato tecnologico in quasi tutti i settori / erano i creditori di tutta l’ alleanza).

USA è forti della loro indispensabilità come creditori negoziavano, soprattutto con i britannici, una serie di accordi definiti nella conferenza internazionale di Bretton Woods è il dollaro sarebbe stato il perno del nuovo sistema monetario capace di dare credito ma anche disciplina all’ economia mondiale; due nuove istituzioni (Banca mondiale e Fondo monetario internazionale ) avrebbero fornito crediti per la ricostruzione e finanziamenti ai paesi in temporanee difficoltà con i pagamenti. Il sistema di Bretton W. Offriva il credito statunitense come leva con cui avviare la liberalizzazione dei commerci e avviare la crescita economica.

Nel pianificare la strategia di guerra si era perciò consolidata una concezione estesa della sicurezza nazionale. Una volta traslata sul mondo post bellico essa si articolava su 3 postulati essenziali:

  1. Non si poteva consentire a nessuna potenza ostile di giungere a controllare le grandi risorse dell’ Eurasia.

  2. Gli USA dovevano mantenere il predominio sui cieli e sui mari, ottenendo basi e diritti di transito oltreoceano, per spostare fuori dall’ emisfero americano le frontiere avanzate della propria difesa.

  3. Il paese doveva mantenere una supremazia strategica tale da assicurargli un ruolo di arbitrio e garante nella collaborazione diplomatica tra le grandi potenze vincitrici che s’ intendeva istituire.

  • Si affidava all’ egemonia americana il compito di garantire stabilità e crescita internazionale.

Roosvelt riteneva essenziale la cooperazione con i sovietici e visto il fallimento della vecchia società delle nazioni egli proponeva che al vertice della nuova istituzione sedessero le potenze vincitrici con il compito di garantire la sicurezza nelle rispettive aree di influenza.

1945 è Roosvelt muore è Truman è intendeva proseguire con le linee di Roosvelt  ma era anche propenso a far valere la forza americana. Al cessare delle ostilità in Germania i rifornimenti bellici all’ URSS vennero bruscamente interrotti ; nel momento in cui la guerra in europa terminava gli Stati Uniti chiedevano a Mosca il riconoscimento del primato americano. USA e URSS stavano diventando i punti cardinali di un nuovo sistema internazionale.

I sovietici vedevano la propria sicurezza nel dominio territoriale, gli Stati Uniti nell’ interdipendenza e nell’ apertura dei mercati.

 

  1. Attriti, sospetti, rivalità

1945-47 è gli alleati si riuniscono per capire cosa potevano o non potevano ottenere.

Il nodo centrale è GERMANIA è luglio 1945 Postdam Stalin Truman e Attlee (britannico) si accordarono per trattare il paese in un’ unica unità economica. La Germania era divisa il 4 zone di occupazione : sovietica, americana, britannica, francese.

Il rischio che l’ URSS inglobasse nel suo raggio d’ influenza la potenza industriale tedesca era considerato lo scenario peggiore  è per questo si è proceduto alla formazione della bizona che unificava o settori americani e britannici in una sola unità amministrativa cercando di creare una stabilità e una superiorità che l’ URSS non poteva minacciare.

Stalin è NO sistema di Bretton Woods è a Postdam aveva confermato l’ entrata in guerra contro il Giappone. Il presidente americano ordina lo sgancio della prima bomba su Hiroshima, questo per terminare il prima possibile la guerra con il Giappone con il minor numero di vittime americane. Entro pochi giorni il Giappone firmò la resa.

Difronte a questo cambiamento che relegava l’ URSS in un ruolo secondario il dittatore sovietico prese 2 decisioni : avviò un programma per costruire l’ atomica e ordinò l’ orientamento della politica sovietica verso la priorità della fermezza.

La bomba atomica americana rese probabilmente l’ URSS più cauta sull’ uso della forza per paura di scatenare una guerra ma anche meno collaborativa per paura di apparire debole.

Nel frattempo Stalin annunciò l’ avvio di una nuova stagione di sviluppo forzato è la dittatura sovietica perseguiva un disegno espansionistico che andava ostacolato!

Gli USA avrebbero affidato le loro armi atomiche all’ ONU solo quando fosse stato accertato che nessun altro le stava costruendo, i sovietici non avrebbero mai rinunciato al loro progetto nucleare. Gli americani erano sempre più convinti del fatto che Mosca perseguisse una politica di destabilizzazione e di penetrazione nel mediterraneo e in Europa.

Il dopoguerra aveva visto una ripresa degli investimenti e della produzione in quasi in tutti i paesi ma in condizioni di precarietà; nessun paese esportava abbastanza da finanziare i suoi acquisti indispensabili di beni alimentari, materie prime e beni d’ investimento è i governi europei chiedevano continuamente nuovi crediti agli USA, che tuttavia non erano sufficienti per ricoprire tutto.

  1. Rottura e contenimento: la mobilitazione dell’ America

Svolta quando la GB comunicò di non poter più offrire aiuti al governo  greco in lotta contro le formazioni comuniste armate emerse dalla resistenza.

12 marzo 1947 Truman si rivolge al Congresso chiedendo di finanziare una missione di aiuti ad Atene per sostenere i popoli liberi. La dottrina Truman impegnava l’ America  a guidare la lotta di un mondo contro l’ altro.  Il presidente degli Stati Uniti chiudeva il dopoguerra, ridefiniva la dinamica internazionale intorno ad un antagonismo bipolare e dava inizio alla guerra fredda.

Per combattere una guerra non era però sufficiente un discorso e neppure una missione di aiuti finanziari, tecnici e militari alla Grecia. Nei mesi successivi il governo americano elaborò la teoria del contenimento e uno strumento operativo il Piano Marshall.

CONTENIMENTO: abile e vigile applicazione di controforza lungo un arco sempre mutevole di punti geografici e politici, corrispondenti alle svolte e alle manovre della politica sovietica. La funzione urgente del contenimento era quella di arginare la disgregazione in Europa occidentale e negare l’ opportunità di espansione a Stalin.

USA è era necessario un intervento per restaurare la salute economica della società europea, perché con un Europa in crisi gli USA avrebbero visto in pericolo la loro concezione di un’ economia liberale. Per scongiurare questo scenario il 5 giugno 1947 Marshall annunciò un piano straordinario di aiuti di durata quadriennale. La proposta era indirizzata principalmente all’ Europa occidentale mentre non c’ era alcuna intenzione di offrire aiuti a Mosca. Quando i sovietici videro il crearsi di un blocco europeo occidentale si ritirarono.

Qui inizia la guerra fredda è Stalin doveva decidere se aprire la propria sfera all’ interazione con l’ Occidente oppure di isolarsi in un arroccamento difensivo. Mosca avviò la formazione di un blocco chiuso e rigidamente controllato in Europa orientale.

 

  1. Due Germanie, due Europe

Il fronte decisivo della guerra fredda era ancora quello tedesco.

Germania unita e neutrale adombrava un duplice rischio : se debole sarebbe stata sucube dei sovietici, se forte avrebbe potuto costituire una minaccia per tutti.

USA, GB, FR si accordavano per la formazione di una rep. Tedesco-occidentale demilitarizzata e sottoposta a controlli internazionali. L’ amministrazione Truman procedeva ad una profonda ristrutturazione dell’ intero sistema di sicurezza.

Riarmo sovietico è mirava ad esercitare una certa deterrenza verso l’ intero occidente è dilemma della sicurezza (il rafforzamento di ciascuno provocava timori nell’ avversario).

Nel frattempo Berlino era sottoposta al controllo dei 4 vincitori, nel 1948 le truppe sovietiche bloccano la città. Sia Truman che Attlee (GB) decisero di non sottomettersi al blocco, l’ ipotesi di sfondarlo con unità militari fu scartata perché si sarebbe giunti ad una guerra. Il blocco si poteva aggirare per via aerea e durò 322 giorni fino a quando i Berlinesi scesero in piazza per protestare: poco dopo i sovietici posero fine al blocco.

Si formano due germanie:

RFT (REPUBBLICA FEDERALE TEDESCA) nasceva sui territori delle zone occidentali d’ occupazione, la repubblica era sovrana sulle questioni interne ma disarmata e sottoposta alla tutela dei tre alleati per la politica internazionale.

RDT (REPUBBLICA DEMOCRATICA TEDESCA) nasce nella zona sovietica con un regime comunista sostenuto e vigilato da Mosca.

4 aprile 1949 nasce l’ Alleanza Atlantica, un trattato di difesa collettiva che per gli europei vincolava la potenza americana a difesa della loro sicurezza. Per gli USA l’ alleanza istituzionalizzava la loro leadership sulla coalizione occidentale.

Le società europee occidentali erano un modello di prosperità e libertà individuale, quelle orientali invece evidenziavano la rigida subordinazione gerarchica della società allo stato, dello stato al partito comunista e di quest’ ultimo a Mosca.

Gli storici hanno discusso a lungo sulle cause della guerra fredda, spesso si è stati indotti a vedere in Stalin il fattore decisivo, ma Stalin non voleva la guerra fredda. Tutte le decisioni che portarono a questa guerra furono attivate dagli americani: la dottrina Truman, il contenimento e l’ opzione per una Germania divisa entro una coalizione occidentale alimentata dal Piano Marshall.

 

 

Capitolo 2- Il bipolarismo militarizzato 1950/1956

La guerra fredda era una relazione dinamica e mutevole, ogni equilibrio era perciò transitorio. Washington e Mosca dovettero imparare a prendere le misure dell’ avversario; la rivalità bipolare non era un gioco diplomatico ristretto ai pochi statisti ed esperti che lo gestivano. In una società aperta e democratica come quella americana essa influiva sulla competizione politica, trasformava la cultura pubblica e innescava esasperazioni ideologiche che ne incanalavano l’ andamento.

La guerra fredda non si esauriva nei confini in cui era sorta, negli anni ’50 si assistette ad un evoluzione della guerra fredda, ci fu una ramificazione della guerra fredda in altre aree del mondo dove si tradusse anche in sanguinose guerre locali.

 

  1. Una sconfitta in qualsiasi luogo è una sconfitta ovunque

Il Cremlino aveva visto svanire le sue speranze di influenza continentale e si trovava a gestire la metà più debole del bipolarismo (un bipolarismo asimmetrico). Mosca aveva però rafforzato il controllo sui paesi dell’ Est tramite un’ ondata repressiva che ebbe come apice le purghe dei partiti comunisti.

Oltre a questo nel 1949 i sovietici fecero esplodere la prima atomica e nel frattempo il partito comunista cinese guidato da Mao Zedong concludeva l’ offensiva finale della guerra civile che l’ aveva contrapposto alle forze nazionaliste di Chiang Kai-shek. Il 1 ottobre 1949 nasceva a Pechino la Repubblica popolare cinese, mentre i nazionalisti si rifugiavano sull’ isola di Taiwan.

Il comunismo sembrava improvvisamente capace di estendere la sua influenza in un continente percorso da grandi tensioni anticoloniali.

Mao vedeva negli USA una minaccia e un nemico della rivoluzione. Mao si reca da Stalin e si offre come alleato nella lotta contro l’ imperialismo occidentale. Stalin vede Pechino come un utile partner e il 14 febbraio 1950 la Cina e l’ URSS siglano un trattato di alleanza.

Nel frattempo il maccartismo (periodo della storia degli USA caratterizzato dal sospetto anticomunista) usato come metodo di lotta politica contro i democratici e l’ amministrazione Truman. La cultura pubblica tendeva ad uniformarsi intorno ad un americanismo patriottico, virile e cristiano che comprimeva il libero confronto delle idee. Il maccartismo durò solo fino al 1953, fu una campagna di repressione dei comunisti, un’ opera di conformazione delle istituzioni e della cultura politica ai dogmi della guerra fredda e un processo di riduzione degli spazi di libertà di opinione.

Stalin aveva investito molto sullo spionaggio sia politico che scientifico con particolare attenzione al progetto nucleare.

L’ atomica sovietica non superava il primato americano ma alterava la situazione.

In questo clima di allarme ideologico nel 1950 la direttiva del National Security Council dettava l’ atteggiamento degli USA per molti anni a venire. Il punto di partenza era una valutazione dell’ URSS non più come potenza ostile ma come “fede fanatica, antitetica alla nostra che cerca di imporre la propria autorità sul resto del mondo”.

La lezione di monaco (secondo la quale una dittatura aggressiva andava contrastata immediatamente) dettava l’ urgenza di arginare subito il Cremlino.

Per questo gli USA e gli alleati cercarono un rapido aumento della forza politica tramite il rafforzamento dell’ apparato militare capace di affrontare le sfide che potevano sorgere in Europa o in Asia. Bisognava dunque rafforzare l’ occidente e i propri alleati europei.

 

 

  1. Guerra in Corea

Stalin autorizza la prima grande operazione militare della guerra fredda. 1950 le truppe nord coreane invasero la corea del sud.

Dopo la sconfitta del Giappone le forze di occupazione americane e sovietiche avevano dato vita a 2 formazioni sulla penisola coreana:

  • A sud quella filo occidentale (Syngman Rhee) . Americani

  • A nord quella comunista (Kim II Sung). Sovietici

Kim iniziò a chiedere un aiuto sovietico per unificare l’ intero paese sotto il suo controllo, dapprima contrario poi Stalin cambiò idea e autorizzò l’ operazione ad una condizione: l’ URSS avrebbe fornito armi e consiglieri americani ma non sarebbe intervenuta con le sue forze. Stalin prevedeva un rapido successo ma non voleva rischiare di trovarsi coinvolto in uno scontro diretto.

L’ aggressione di Kim evidenziò subito l’ errore di calcolo, Truman era convinto che se l’ aggressione fosse stata lasciata impunita avrebbe portato alla terza GM. Il presidente la vide come una sfida diretta e dispose subito l’ invio di forze americane sul campo di battaglia e chiese al consiglio dell’ ONU di autorizzare l’ intervento. L’ assenza del delegato sovietico consentì l’ approvazione di una risoluzione che impegnava le nazioni unite in difesa della sovranità della Corea del Sud.

Truman avviò un perimetro di contenimento intorno alla Cina e predispose un bilancio che quadruplicava le spese americane per la difesa per costruire un’ ampia struttura militare. Inoltre era necessario predisporre una solida difesa militare dell’ Europa, questo significava riarmare la Germania occidentale.

Nel frattempo le truppe nord coreane erano state fermate e la corea del nord si trovò indifesa.

Gli americani, convinti che cinesi e sovietici fossero troppo preoccupati per la propria sicurezza per intervenire, gli americani decisero di varcare i confini penetrando a Nord.

Stalin ansioso di evitare  uno scontro diretto con gli USA rovesciò sui cinesi la responsabilità dell’ esito della guerra.

Sollecitò Mao a inviare 5/6 divisioni per proteggere i nordcoreani e assicurò il sostegno sovietico in caso di attacco alla Cina.

Incalzato da forze superiori l’ esercito Nord coreano si disgrevava.

I cinesi non tolleravano la presenza di truppe americane nel proprio confine e entrano in Corea lanciando un’ offensiva travolgente. La ritirata americana si fermò nell’ inverno quando riuscirono a contenere i cinesi; una serie di battaglie sanguinose riuscì a stabilizzare il fronte attorno al 38° parallelo.

La guerra tra le grandi potenze cominciava ad apparire devastante e non risolutiva. Il conflitto bipolare non doveva arrivare ad uno scontro diretto.

La guerra finì nel luglio 1953 quando la morte di Stalin aprì la strada all’ armistizio che definiva la separazione tra le due Coree tutt’ ora in vigore.

La guerra fredda veniva combattuta sulle raffigurazioni della società e del suo futuro.

Il discorso occidentale era centrato sul nesso tra democrazia e prosperità, utilizzando l’ immagine seducente del benessere americano si esaltava un nuovo modello produttivo e di consumi.

Il discorso comunista, viceversa, si incentrava sulle denunce dello sfruttamento o sul nesso tra capitalismo  guerra.

 

  1. Due blocchi militari

La principale ripercussione della guerra in Corea fu il riarmo dell’ alleanza occidentale e dunque l’ avvio della corsa agli armamenti che avrebbe contraddistinto la guerra fredda nei decenni successivi.

In caso di guerra la preponderanza statunitense poteva assicurare la vittoria finale, ma nel frattempo gli alleati europei avrebbero subito la devastazione nucleare; ci volevano forze convenzionali schierate sul terreno per esercitare una deterrenza più completa.

La CECA e l’ ipotizzata CED ( comunità europea di difesa) costituivano il vero e proprio trattato di pace postbellico tra Francia e Germania.

Le ipotesi di integrazione europea avevano l’ appoggio degli USA, il rafforzamento politico degli alleati era una delle chiavi del contenimento e poteva essere una chiave per facilitare il riarmo.

Il riarmo fu sovvenzionato dagli USA che spostarono i loro aiuti dagli investimenti civili del Piano Marshall al Mutual Security Aid orientato a costruire infrastrutture e industrie necessarie alla difesa > continuava la fuoriuscita di dollari dagli USA.

Il riarmo occidentale corrispose un analogo sforzo sovietico di costruzione di un’ imponente armata capace di occupare l’ Europa continentale. I sovietici avevano bisogno di controllare militarmente l’ Europa orientale e controbilanciare la supremazia globale americana con una spiccata superiorità continentale.

1952 : Stalin propone agli occidentali di discutere la riunificazione di una Germania neutrale, indipendente, smilitarizzata e libera da tutti gli eserciti stranieri. La divisione della Germania era ormai accettata come la soluzione meno rischiosa e nessuno voleva riaprire il problema; le diplomazie occidentali non risposero alla nota di Stalin.

Scioperi a Berlino causati dall’ intensificazione della produttività del lavoro, in quest’ occasione abbiamo la prima grande rivolta nel blocco sovietico, la rivolta venne repressa nel sangue.

I dirigenti sovietici capirono che era necessario migliorare le condizioni di vita della popolazione e sospingere i regimi satelliti verso una maggiore efficienza e legittimità, ma tutti i tentativi di riforma si infrangeranno.

Le due Germanie erano i fronti contrapposti dei due grandi blocchi militari. Questa stabilizzazione geopolitica resterà invariata fino al 1990.

 

  1. Coesistenza pacifica?

Gli eredi di Stalin volevano vedere una crescita del benessere. Con Chruscev fu avviata una stagione di cambiamenti. Circa un milione di prigionieri venne liberato dai Gulag e le persecuzioni staliniane furono bloccate. Egli vedeva nella guerra fredda una politica di arricchimento dell’ URSS e a differenza di Stalin guardava con attenzione alla possibilità di rafforzare le alleanze del blocco socialista al di fuori dell’ Europa e di aprire canali di collaborazione con paesi neutrali.

Il Cremlino vedeva nel Terzo mondo la dimensione futura in cui si sarebbe deciso lo scontro storico tra capitalismo e socialismo.

In questo periodo si supera la prima fase della guerra fredda incentrata sull’ Europa e sulla definizione degli assetti post-bellici e allo stesso tempo cresceva la paura di una possibile guerra nucleare.

 

  1. 1956

XX Congresso del partito comunista sovietico:  rigettata l’ idea dell’ inevitabilità della guerra ed è stata elevata a dottrina la nozione di coesistenza pacifica.

Si ebbe un effetto destabilizzante sull’ Europa dell’ Est: manifestazioni dei lavoratori in Polonia, abbattimento delle statue di Stalin in Ungheria. Il regime comunista si stava sgretolando e la sua caduta poteva innescare sollevazioni anche negli altri paesi dell’ Est mettendo in pericolo la stabilità e forse l’ esistenza stessa del blocco sovietico.

1956 è CRISI DI SUEZ è Si tratta di un conflitto che vide opporsi l’ Egitto all’ occupazione militare del Canale di Suez da parte di FR, GB e Israele. La crisi si concluse quando minacciò di intervenire al fianco dell’ Egitto e gli Stati Uniti, temendo l’ allargamento del conflitto, costrinsero inglesi, francesi e israeliani al ritiro. Per la prima volta USA e URSS si accordarono per garantire la pace.

Il 1956 segnava un deciso assestamento dell’ ordine bipolare in Europa. Gli europei erano subordinati alle superpotenze, in particolare agli USA.

Il segnale fondamentale che veniva da Suez era che Washington e Mosca assumevano un peso crescente difronte al mondo arabo e negli altri teatri della decolonizzazione. La guerra fredda dunque si espande in Asia, Africa e America latina diventando un conflitto globale.

Capitolo terzo- Un antagonismo globale 1957/1963

 

1945: Nazioni Unite. Nel 1975 l’ ONU annoverava 144 stati indipendenti (oggi sono 192).

Con una capacità di distruzione reciproca senza precedenti Stati Uniti e URSS si affacciavano su una condizione di effettiva interdipendenza. La tentazione di usare la diplomazia atomica per ottenere vittorie simboliche, posizioni vantaggiose e influenza nel terzo mondo portò alle crisi più pericolose dell’ intera guerra fredda. I terreni di battaglia si erano spostati fuori dall’ Europa.

Mantenere la pace era diventato un interesse condiviso, per il quale iniziava a premere un’ opinione pubblica internazionale sempre più allarmata.

 

  1. Indirizzare il vento del cambiamento

Le economie postcoloniali avrebbero avuto bisogno di una crescita molto rapida per migliorare le condizioni materiali di popolazioni in forte aumento ma erano povere di capitali e di infrastrutture e inserite in un sistema di scambio ineguale tra le loro risorse agricole e minerarie e i prodotti industriali della metropoli.

Il Terzo mondo era vario, i suoi governi comprendevano una vasta  gamma di ideologie politiche. La varietà religiosa, culturale e antropologica delle sue società era immensa. Gli USA erano epicentro e simbolo dell’ ordine economico che il Terzo mondo subiva come fonte di ingiustizia e di sottosviluppo.

Dopo la sconfitta della Francia in Vietnam nel 1954 la decolonizzazione iniziò ad imporsi sullo scenario mondiale.

L’ unità del terzo mondo fu però un’ aspirazione più che una realtà consolidata e molti conflitti intaccarono la neutralità dei paesi coinvolti e sminuirono l’ autorità locale di alcuni leader. Non si poteva più pensare la politica internazionale entro un orizzonte che vedeva i popoli extraeuropei come appendici delle grandi potenze, non si poteva più una gerarchizzazione razziale che attribuiva solo ai bianchi la capacità di progresso. Bisognava elaborare nuove risposte.

Fu con la Crisi di Suez che gli stati Uniti iniziarono ad appoggiare la decolonizzazione.

Per quanto riguarda lo stato sovietico esso perseguiva un’ utopia di progresso universale che guidata da un processo rivoluzionario avrebbe abbattuto il sistema imperialistico e capitalistico che ne era alla base; il suo modello economico e organizzativo consisteva in un industrializzazione pianificata dal centro e attuata in ambito separato dall’ economia mondiale.

I dirigenti sovietici si persuasero che il Terzo Mondo fosse l’ arena in cui si sarebbe deciso il confronto storico tra imperialismo e socialismo. Sul finire degli anni ’50 la possibilità che nel Terzo mondo si diffondessero posizioni radicali appoggiate da Mosca prese a suscitare allarme negli Stati Uniti.

Gli economisti vedevano nella forte crescita dell’ economia mondiale la possibilità di offrire risorse positive ai bisogni di sviluppo dei paesi più poveri, mal’ America si doveva impegnare ad offrire abbondanti aiuti tecnici e finanziari per inserire quei paesi in un circolo di interdipendenza con l’ occidente.

Alla base di quest’ aspettativa c’erano assunti culturali tanto radicati da rimanere impliciti:

1.Le culture indigene sono destinate all’ estinzione.

2.Il capitalismo post-bellico offriva un’ efficace ricetta per governare i conflitti sociali.

Le scienze sociali postulavano la possibilità di guidare la modernizzazione dall’ esterno educando le elite e i quadri del Terzo mondo alla gestione tecnocratica delle istituzioni.

Il problema politico era quello di svincolare l’ Occidente dal suo ruolo d’ ostacolo al cambiamento postcoloniale e riposizionarlo come fattore di sostegno all’ indipendenza e modello per uno sviluppo democratico: questo doveva farlo in primo luogo l’ America. Il problema era quello di canalizzare il cambiamento senza aprire spazi al comunismo e all’ influenza internazionale dell’ URSS.

Kennedy sollecitava l’ America ad aprire nuove frontiere di sviluppo mondiale; un percorso universale, fatto di tappe individuabili, che portasse verso la società industriale e del consumo; il momento di pericolo stava nella fase di transizione quando alla destabilizzazione della società tradizionale non corrispondeva ancora l’ effettivo funzionamento di quella moderna e l’ incertezza lasciava spazi al comunismo. Era questa la congiuntura in cui si trovavano buona parte delle società del Terzo mondo e qui andava concentrato l’ intervento USA.

Poco dopo l’ inaugurazione della sua presidenza Kennedy avviò un piano di aiuti per l’ America Latina dove la rivoluzione castrista aveva aperto le porte al comunismo ( c’era il rischio che esso si potesse instaurare).

ALLE SOGLIE DEGLI ANNI ’60 LE DUE SUPERPOTENZE ERANO FOCALIZZATE SUL TERZO MONDO COME LUOGO TIPICO DEL FUTURO, L’ ARENA IN CUI SI SAREBBERO DECISI I DESTINI DELLA RIVALITA’ BIPOLARE.

 

  1. I missili di Cuba

Gli osservatori dei test termonucleari (USA 1952 in un atollo del Pacifico, URSS 1953 in Asia centrale)

si sentivano alle soglie di un era in cui era possibile la distruzione totale della natura e della civiltà.

Si stava per cadere in un precipizio spaventoso. L’ India chiese all’ ONU che venissero proibite le esplosioni nell’ atmosfera. Nel 1955 Einstein e Russel stilarono un manifesto e sull’ onda di questo  nasceva Pugwash (un movimento di scienziati favorevoli al dialogo tra i due blocchi per scongiurare  pericoli nucleari).

Nel 1958 in GB si formò il primo movimento collettivo per il disarmo nucleare: CND ( Campaign for Nuclear Disarmament).

Gli statisti incaricati di gestire gli arsenali nucleari non ebbero mai la tentazione di liberarsene perché li consideravano una garanzia di sicurezza nazionale, ma divennero consapevoli del fatto che stavano usando la guerra come strumento di politica; se entrambi i contendenti subivano danni disastrosi la nozione stessa di vittoria era svuotata di senso. La guerra perdeva ogni funzionalità e i dirigenti sovietici postulavano la necessità di una coesistenza pacifica.

Fu Eisenhower a predisporre nel 1954 una dottrina che mirava a rendere improbabile la guerra atomica senza rinunciare ai vantaggi che la superiorità nucleare conferiva agli USA. Il presidente americano perseguiva diversi scopi:

1.Massimizzare il potere deterrente che derivava dalla propria schiacciante superiorità e porre dunque l’ avversario sovietico difronte al rischio di una guerra nucleare totale.

2.Contenere le spese dell’ apparato militare e perseguire il pareggio del bilancio.

3.Prospettare una guerra apocalittica per prevenire l’ insorgere di ogni conflitto.

Per convincere gli avversari che ogni conflitto poteva ascendere fino al massimo livello di distruzione bisognava rendere la guerra quanto più spaventosa e credibile. Preparare la guerra più distruttiva possibile per evitare che ci si arrivasse era solo uno dei paradossi che caratterizzavano le strategie nucleari. Era un tipo di deterrenza che poteva agire su potenze come Mosca o Pechino ma era senza efficacia nel Terzo Mondo, dove i conflitti erano animati da un nazionalismo che non poteva avere altr scopo se non la propria affermazione.

Metà anni ’50 la strategia sovietica era quella di raggiungere la stessa deterrenza degli USA costringendoli ad accettare una coesistenza pacifica con il comunismo. E’ in questo periodo storico che i sovietici costruiscono i missili balistici intercontinentali (ICBM); contro di loro non esisteva alcuna difesa, dopo che erano stati lanciati il governo che ne era stato bersaglio poteva solo decidere se lanciare entro pochi minuti anche i suoi.

Chruscev in una serie di interviste coltivò l’ illusione che l’ URSS fosse capace di produrre missili in serie, in realtà i missili erano solo 4 e poco efficienti. L’ effetto psicologico fu però enorme. L’ URSS lanciò da un missile il primo satellite artificiale, lo Sputnik (per la prima volta la tecnologia consentiva di andare oltre l’ atmosfera terrestre).

La competizione veniva così focalizzata sul terreno del progresso economico e scientifico e gli USA temevano che l’ URSS stesse per avere la meglio nella competizione scientifica e militare.

La buona congiuntura economica e le conquiste tecnologiche dell’ URSS mascheravano però una sostanziale, profonda inferiorità. La società sovietica rimaneva ben più povera di quella occidentale.

Per tutta la guerra fredda le infiltrazioni di spie furono numerose da entrambe le parti.

La collaborazione militare tra Cina ed URSS si era intensificata dal 1954, i sovietici iniziarono a fornire a Pechino le tecnologie per edificare un’ industria nucleare.

Mao Zedong aveva scarsa stima dei nuovi dirigenti sovietici e disapprovava la loro critica al stalinismo ed era sempre meno disposto a riconoscere il primato di Mosca nel movimento comunista internazionale. Era inoltre contrario alla coesistenza pacifica con gli USA.

Nell’ estate 1958 lanciò una strategia di crescita economica accelerata detta “Grande balzo in avanti” che avrebbe dovuto sospingere l’ industrializzazione per mezzo di una precipitosa collettivizzazione dell’ agricoltura e diffuse requisizioni. Questo balzo fallì e innescò la più grande carestia della storia. Mao accompagnò questa radicalizzazione interna con la scelta di attizzare la tensione internazionale e il 23 agosto l’ esercito di Pechino iniziò a bombardare le isole Quemoy e Matsu, occupate dai nazionalisti di Taiwan. Gli USA ventilarono la possibilità di ricorrere anche alle armi nucleari in difesa di Taiwan. Mao non voleva arrivare alla guerra con gli USA e dopo poche settimane mise fine al bombardamento.

Sconcertati dall’ atteggiamento di Mao, che ritenevano irresponsabile, i sovietici compresero che egli metteva in pericolo la strategia di distensione con gli USA e contestava la loro leadership strategica del comunismo internazionale; decisero quindi di bloccare il trasferimento di tecnologie nucleari alla Cina. Mao accusò i sovietici di voler controllare la politica estera di Pechino invece di appoggiare le sue rivendicazioni sul Tibet e Taiwan e di tradire la lotta di classe internazionale con la coesistenza pacifica.

La fine dell’ assistenza sovietica impoveriva le già difficili condizioni dell’ economia cinese, ma Pechino avviò subito un proprio programma nucleare (1964 bomba atomica).

 

  1. Il Muro di Berlino e i missili di Cuba

La superiorità strategica americana continuava a imporre ai sovietici una condizione di pericolosa vulnerabilità che ne limitava la libertà d’ azione.

Il luogo più ovvio per un braccio di ferro con l’ Occidente era Berlino Ovest, non solo per la sua intrinseca vulnerabilità; la Germania orientale era infatti il perno strategico del blocco sovietico, ma anche il suo tallone d’ Achille. La debolezza del regime costringeva Mosca a costose sovvenzioni.

Il 27 novembre 1958 Chruscev lanciò un ultimatum all’ Occidente, sperando di trascinare Eisenhower al tavolo delle trattative. Se entro 6 mesi non si fosse concluso un trattato di pace tedesco, con la fine del regime di occupazione e la fuoriuscita delle potenze vincitrici da Berlino, l’ URSS avrebbe firmato un trattato separato con la RDT lasciandole piena sovranità sugli accessi a Berlino Ovest. GB, FR,USA avrebbero allora dovuto negoziare con la RDT riconoscendone la legittimità o abbandonando Berlino ovest. Nessun governo occidentale era disposto ad abbandonare Berlino piegandosi ai sovietici.

L’ effetto di tutte le diverse posizioni fu uno stallo diplomatico tra gli occidentali.

Sotto pressione da ogni lato il leader sovietico credette di poter finalmente mettere in difficoltà gli USA quando le difese aeree sovietiche riuscirono ad abbattere il 1° maggio 1960 un aereo spia U2. Gli americani negavano, Chruscev pensò di smascherarli mostrando alla stampa internazionale pilota e aereo ma Eisenhower si assunse la responsabilità dei voli di spionaggio.

Nel frattempo Fidel Castro mirava ad incriminare l’ egemonia americana in America Centrale e fece una riforma agraria che colpiva gli investimenti USA, Washington impose sanzioni economiche all’ isola e Eisenhower ordinò alla CIA di abbattere il regime rivoluzionario cubano.

Chruscev vide in Castro l’ emblema delle lotte di liberazione che avrebbe fuso nazionalismo e socialismo in un moto antimperialista. 

Il 12 aprile 1961 Jurij Gagarin percorreva un’ orbita attorno alla terra: trionfo per l’ URSS. 4 giorni dopo 1400 anticastristi armati e organizzati dalla CIA sbarcavano nella Baia dei Porci, sulla costa meridionale di Cuba. Era la prima operazione ( voluta da Eisenhower ma autorizzata da Kennedy) per innescare un’ insurrezione che rovesciasse il regime rivoluzionario. L’ esercito cubano bloccò gli esuli sulla spiaggia, Kennedy si rifiutò di impegnare le forze armate americane e l’ operazione fallì.

Chruscev pensò allora di avere difronte un interlocutore debole  e presentò a Kennedy un ulteriore ultimatum su Berlino. Kennedy era ancora più propenso di Eisenhower ad accettare l’ esistenza di sue Germanie e ben deciso a evitare che la Germania Ovest divenisse una potenza nucleare.

Il Cremlino cominciò a temere uno scontro, l’ ultimatum si stava ritorcendo contro di sé. L’ economia della RDT rischiava il collasso, Chruscev autorizzò così la costruzione di un muro che impedisse ai cittadini della RDT di lasciare il paese. 13 agosto 1961 inizia la costruzione del Muro di Berlino (confine invalicabile tra settore occidentale e settore orientale).

I veri sconfitti erano i cittadini della RDT ormai prigionieri del loro stato.

Diventati presto luogo topico della guerra fredda il Muro era il segno lampante della dittatura sovietica nel mezzo di una grande capitale europea.

Se voleva perseguire la sua strategia volta a creare una sorta di parità tra le superpotenze nell’ equilibrio del terrore l’ URSS doveva innescare una leva capace di innescare un negoziato sugli armamenti.

L’ attenzione di Chruscev si spostò su Cuba, dove la minaccia di iniziative americane contro il regime di Castro non era scomparsa in seguito al fallimento della Baia dei Porci. Cuba andava difesa per salvaguardare la prospettiva di un avanzamento del socialismo sotto la guida dell’ URSS.

USA avevano installato missili Jupiter a medio raggio in Italia e in Turchia capaci di colpire l’ URSS. I sovietici si sentivano così autorizzati a schierare armi analoghe a Cuba. I missili avrebbero protetto Cuba e in questo modo i sovietici speravano di convincere gli Stati Uniti ad accettare un modus vivendi concordato con l’ URSS. Castro poi dirà di aver accettato la proposta sovietica nella convinzione che gli arsenali dei 2 paesi fossero simili, che il rischio fosse dunque ridotto e che questo potesse migliorare i rapporti di forza mondiali a favore del socialismo.

Nel maggio 1962 partì quindi l’ Operazione Anadyr volta a trasferire in gran segreto a Cuba 40 missili IRBM, le loro testate nucleari e i reparti sovietici necessari per la difesa e per il funzionamento delle installazioni.

Durante l’ estate arrivò a Washington l’ indicazione sul trasferimento delle armi nucleari, ma si pensò che non includessero armi offensive. L’ambasciatore sovietico assicurò che si trattava di piccole installazioni difensive.

Il 13 settembre Kennedy si impegnò a impedire che Cuba potesse ospitare armi pericolose per gli USA. Un mese dopo il ricognitore americano fotografava i missili e svelava l’ Operazione Anadyr. Il 16 ottobre Kennedy convocava nella Casa Bianca un comitato di crisi (EXCOMM).

USA non avrebbero mai accettato che Cuba diventasse una piattaforma per l’ URSS.

Nell’ Excomm fu unanime il consenso sulla necessità di rigettare il tentativo sovietico di diminuire l’ asimmetria strategica. La discussione riguardò le strade da seguire per sgomberare i missili e ruotò attorno a 4 ipotesi: il ricorso all’ ONU, il bombardamento mirato dei siti missilistici, l’ invasione e un blocco navale. SI scelse quest’ ultimo per indurre Mosca  a far marcia indietro: esercito, aviazione e marina iniziarono la mobilitazione e le forze strategiche furono messe in allerta. SI voleva arrivare ad una soluzione prima che i missili fossero operativi e rendessero più pericolose le operazioni militari; allo stesso tempo Kennedy era anche attento ad evitare passi che potessero precipitare in un conflitto.

Il mondo era difronte alla crisi più tesa e pericolosa dell’ intera guerra fredda.

Il timore che si potesse scivolare verso una guerra condizionò subito il Cremlino che ordinò ai reparti di Cuba di non usare le armi nucleari senza un esplicito ordine di Mosca.

Il 24 ottobre le forze strategiche americane andavano al massimo stato d’ allerta, pronte a colpire, ed entrava in vigore il blocco navale. Il 26 quando i preparativi americani sembravano completati Chruscev propose di ritirare i missili in cambio dell’ assicurazione che gli USA non avrebbero attaccato Cuba. Castro invece chiedeva di procedere all’ offensiva nucleare nel caso in cui gli USA avessero attaccato l’ isola.  Il 27 ottobre Chruscev proponeva il ritiro dei missili sovietici da Cuba e di quelli americano dalla Turchia. Kennedy accettò, e in via segreta garantì all’ ambasciatore sovietico che avrebbe ritirato i missili Jupiter qualche mese dopo il ritiro da Cuba dell’ URSS (se Mosca non avesse reso pubblica questa notizia).

 

  1. Regolamentare la rivalità

La guerra totale diventava un’ opzione impossibile perché oltre che apocalittica era anche suicida.

L’ URSS voleva eliminare l’ inferiorità strategica e conquistare un’ effettiva parità con gli Stati Uniti per impedire altre umiliazioni come quella cubana e sostenere la trasformazione socialista del Terzo mondo. Per Mosca questa era la tendenza storica che avrebbe risolto il conflitto tra capitalismo e comunismo.

Mosca avviò quindi uno sforzo decennale per moltiplicare il proprio arsenale di ICBM e raggiungere la parità strategica con gli USA.

Per Washington ne discendeva la necessità di mantenere la propria superiorità per rassicurare  gli alleati che compartecipavano al contenimento e non perdere la capacità poter agire con risolutezza nelle crisi locali, come ero successo a Cuba.

Kennedy intensifica dunque la crescita del proprio arsenale nucleare.

In questo contesto però la corsa agli armamenti si presentava sotto un’ altra veste, i due nemici assoluti della guerra fredda ora sapevano che le armi nucleari servivano non per essere usate, bensì solo per impedirsene reciprocamente l’ utilizzo. Il pericolo della guerra era divenuto maggiore di quello esercitato dal nemico.

Mosca e Washington è si uniscono per la non proliferazione nucleare è evitare la diffusione delle armi atomiche agli stati che ancora non le possedevano avrebbe sancito lo status privilegiato delle superpotenze, facilitato il controllo sugli alleati e diminuito il rischio di conflitto

5 agosto 1963: USA URSS GB siglavano un trattato che bandiva gli esperimenti atomici nell’ atmosfera e nello spazio ma non nel sottosuolo. Mosca e Washington si accordavano anche per aprire i negoziati per un trattato di non proliferazione che proibisse il trasferimento di tecnologie nucleari ai paesi che non si impegnassero ad usarle solo per fini energetici, rinunciando esplicitamente all’ arma atomica. Era troppo tardi per frenare le ambizioni della FR e della Cina a un proprio deterrente nucleare.

Dal 1962 in poi il disarmo diventò una delle prospettive più discusse dai mass-media; nel frattempo i due blocchi persistevano ma oltre che a incarnare due mondi essi erano racchiusi in uno solo in cui i due blocchi dovevano negoziare e accordarsi.

La nozione di guerra fredda prese ad essere affiancata da quella di distensione. Ma il termine restò in uso per la forza con cui evidenziava la dinamica (e i pericoli) della rivalità est ovest e si è ormai imposto quale codice per l’ intero quarantennio dell’ antagonismo bipolare.

 

Capitolo 4 – Disordine bipolare 1964/1971

 

Inizia la rivalità per il controllo dello spazio è serviva a innovare e sperimentare tutte le tecnologie di rilevanza strategica: missilistica, informatica, telecomunicazioni. A perfezionare l’ esplorazione della terra oltre che dello spazio e ad evitare che l’ avversario potesse acquisire un vantaggio in tali campi. Il culto del progresso dovette iniziare a confrontarsi con la paura dei suoi effetti.

 

  1. Guerra in Vietnam

Cos’è la guerra in Vietnam? La guerra in Vietnam fu il conflitto combattuto tra il 1960  e il 30 aprile 1975 (caduta di Saigon). Prevalentemente combattuta nel territorio del sud, tra le forze insurrezionali filo comuniste sorte in opposizione al governo autoritario filo – americano costituito nel Vietnam del Sud e le forze governative di questo stato.

Il conflitto iniziato in realtà fin dalla metà degli anni ’50 con il primo manifestarsi di un’ attività terroristica e di guerriglia in opposizione al governo Sudvietnamita, vide il massiccio coinvolgimento diretto degli Stati Uniti che incrementarono progressivamente le loro forze militari in aiuto al governo del Vietnam del Sud. La potenza americana non riuscì, nonostante questo spiegamento di forze, a conseguire la vittoria politico – militare ma subì al contrario pesanti perdite, finendo per abbandonare nel 1973 il governo Saigon.

Sull’ altro versante intervenne direttamente in aiuto delle forze filocomuniste  dell’ FNL ( Viet Cong ) l’ esercito regolare del Vietnam del Nord che infiltrò truppe sempre più numerose sul territorio del sud, impegnandosi in lunghi combattimenti contro le forze statunitensi. Cina e URSS appoggiarono le forze Viet Cong con continue forniture di armi e con il loro appoggio politico-diplomatico.

La guerra del Vietnam coinvolse anche il Laos e la Cambogia ; anche il Vietnam del Nord fu colpito da ripetuti bombardamenti americani per cercare di fermare il governo Hanoi di continuare la lotta insurrezionale del sud.

La guerra ebbe termine il 30 aprile 1975 con la caduta di Saigon, il crollo del governo del Vietnam del Sud e la riunificazione politica di tutto il territorio vietnamita sotto la dirigenza comunista di Hanoi. Gli Stati Uniti dovettero accettare il totale fallimento dei loro obiettivi politici.

L’ obiettivo di Kennedy era quello di liberare il terzo mondo dalla miseria e dall’ oppressione.

Fu nel Vietnam che il contenimento globale di Washington andò incontro alla disfatta politica e psicologica più che militare. Dopo la rivoluzione cinese, Washington aveva visto nel Vietnam un fronte cruciale del contenimento in Asia (Vietnam del Nord = comunista; Vietnam del Sud = filoccidentale). Nel 1959 il regime comunista del Nord decise di passare all’offensiva, iniziando a infiltrare uomini e armi al Sud, e l’anno successivo i comunisti si univano con altre forze di opposizione del Sud in un Fronte nazionale di liberazione (FNL). L’ amministrazione Kennedy considerò quello vietnamita come un fronte cruciale della guerra fredda. L’eventuale caduta del Vietnam del Sud avrebbe incrinato la credibilità della potenza americana quale garante dei propri alleati, in quanto sarebbe stata una vittoria comunista di valore esemplare.

Dal 1961 gli Stati Uniti si impegnarono quindi a fianco del Vietnam del Sud, inviando rifornimenti e consiglieri militari. Fu Johnson, succeduto a Kennedy, a trasformare quella del Vietnam in una guerra americana su vasta scala: nel 1964 sfruttò un presunto incidente navale nel Golfo di Tonchino per ottenere dal Congresso l’autorizzazione a usare la forza contro l’aggressione comunista e furono quindi intensificati i bombardamenti sul Nord.

Iniziava così una guerra devastante, il costo umano e politico del conflitto iniziò a suscitare apprensioni in America; per salvare i vietnamiti dal comunismo si faceva un enorme numero di vittime e se ne devastava il territorio e il tessuto sociale.

Nel 1968 giunse la svolta, quando l’FNL e l’esercito del Nord lanciarono un attacco a sorpresa in tutto il Sud assaltando cento città e molte basi militari.

Per Washington la motivazione strategica stava nel potenziale effetto domino che una vittoria comunista avrebbe potuto innescare (cosa che non si verificò). Per i sovietici costituiva, invece, la volontà di uscire dalla condizione di inferiorità e raggiungere la parità strategica con gli USA. Mosca fornì armamenti anche sofisticati al Vietnam del Nord. I dirigenti nordvietnamiti usarono abilmente la concorrenza sino-sovietica per strappare il massimo degli aiuti da entrambe le potenze comuniste , mantenendo simultaneamente una forte autonomia decisionale.

 

1 agosto 1968 : Trattato di non proliferazione nucleare. Ci si impegnava a non trasferire armi nucleari agli stati che non ne disponevano e istituivano un regime di controlli internazionali sulle attività atomiche.

 

Per quanto riguarda la Germania è rivendicare l’unificazione della Germania aveva perso di senso politico dopo il Muro di Berlino, che indicava la necessità di una lunga coesistenza tra i due stati tedeschi. Fu il leader socialdemocratico tedesco Brandt a guidare il ripensamento della Repubblica  federale tedesca sulle possibilità del paese nell’Europa divisa. Dal 1962 auspicò una politica verso Est: l’idea fondamentale era che si sarebbe potuti giungere alla riunificazione della Germania solo dopo una progressiva pacificazione tra i due blocchi.

 

  1. Prosperità e divaricazioni dell’ occidente

L’ occidente che nel dopoguerra era stato un progetto americano di riorganizzazione del capitalismo internazionale, era ora un’ insieme di società che celebravano il proprio benessere.

Le incerte democrazie d’ Europa postbellica erano divenuti regimi solidi e sperimentali, guidati con ampi consensi da governi conservatori o socialdemocratici che perseguivano politiche di spesa volte a sostenere la domanda.

Un pilastro del lungo boom economico europeo e giapponese era il sistema del dollaro convertibile in oro, ad un prezzo prefissato. Nela fase iniziale il flusso di dollari era servito a facilitare gli investimenti e l’ apertura commerciale in condizioni di stabilità. Quando le economie europee si erano sufficientemente consolidate le loro valute erano divenute convertibili in dollari (nel 1958) a prezzi fissi. Ma il flusso dei dollari dagli Stati Uniti continuava a gran ritmo, agli aiuti (Terzo mondo) si aggiungevano le enormi spese per mantenere i soldati schierati in Germania e per le altre basi militari.

La quota statunitense del commercio diminuiva mano a mano che le esportazioni europee e giapponesi crescevano in tutti i mercati, compreso quello statunitense, che negli anni ’60 vide le sue importazioni lievitare del 170 %. è Si profilava dunque un deficit nella bilancia dei pagamenti americana, aggravato dalle spese per la guerra (Vietnam), che iniziarono ad alimentare l’ inflazione .

Il continuo peggioramento dei conti finiva per profilare anche dei vincoli :

  1. L’ enorme massa di dollari in circolazione non aveva più alcuna proporzione con le riserve auree del paese. Se le banche centrali avessero chiesto la conversione in oro anche solo di parte dei loro dollari il governo americano non avrebbe potuto assolvere uno degli obblighi del sistema.

  2. Era nato un mercato interbancario dei dollari in Europa e lì diventava evidente quanto il prezzo del dollaro fosse sopravvalutato.

Se i principali paesi europei erano ormai uniti dall’ integrazione nella CEE e cominciavano ad agire come un potente blocco commerciale.

La critica era crescente verso gli USA.  De Gaulle in particolare invitava gli americani alla revisione della disciplina fiscale : dovevano sistemare i loro conti senza sganciarli sugli alleati con una moneta inflazionata. Poco dopo la Francia usciva dal dispositivo militare integrato della NATO e non avrebbe più accolto sul suo territorio i comandi e le forze dell’ alleanza.

Gli europei chiedevano che fossero gli USA ad accollarsi il riequilibrio della loro bilancia dei pagamenti, con più tasse e una maggiore disciplina fiscale. Washington però non voleva porre freni ai consumatori e agli investimenti americani e chiedeva gli europei di rinunciare a convertire i propri dollari in oro e assumersi maggiori oneri per il mantenimento delle forze americane schierate in Germania.

Attorno al Terzo mondo si manifestava il distacco radicale da una guerra fredda che molti ormai non sentivano più come la paura dominante.

 

 

3.  Fuori, e contro, l’ orizzonte bipolare

Negli anni in cui le due superpotenze iniziavano il loro stentato dialogo per regolamentare la minaccia nucleare, dal Terzo Mondo sorgeva una pressione via via più organizzata per lo sviluppo economico.

I paesi del Terzo mondo chiedevano la stabilizzazione dei prezzi delle materie prime, l’ apertura dei mercati più ricchi, l’ aumento degli aiuti e un controllo internazionale sulla loro destinazione.

La voce del terzo mondo mutava i termini del discorso pubblico internazionale:

  1. Aggiungeva una motivazione economicamente forte e moralmente incontestabile ai già buoni motivi per diminuire la tensione bipolare. Spostare le risorse dagli armamenti allo sviluppo per favorire la crescita globale e diminuire la povertà.

  2. Infrangeva l’ idea che la modernizzazione occidentale fosse l’ unica strada preordinata per la crescita.

  3. Minava la fiducia in un progresso universale e condiviso che animava, seppur in modo diverso, ciascuna delle due ideologie del bipolarismo.

Sotto il profilo pratico, le economie chiuse dei paesi socialisti offrivano pochi sbocchi commerciali e ancor più scarsi capitali. I loro aiuti tecnici e militari erano concentrati sui paesi con alto valore simbolico o strategico, come Cuba o l’Egitto. I paesi occidentali, per parte loro, volevano materie prime a basso prezzo e aprivano i loro mercati con cauta gradualità. Essi aumentavano gli aiuti ma mantenevano un forte controllo sulla loro destinazione, selezionando i paesi e i progetti verso i quali nutrivano particolari interessi di carattere politico o commerciale.

Le ripercussione del disgelo furono assai forti nei paesi dell’Europa orientale, dove le esigenze di riforma e le espressioni di dissenso incarnavano anche il desiderio nazionale di allentare il dominio di Mosca. La Romania, la Polonia e l’Ungheria cercavano apertamente di usare i contatti con la Germania e l’Occidente per diversificare i loro scambi e aumentare la propria autonomia dall’URSS. Fu in Cecoslovacchia che queste tensioni si coagularono in un poderoso moto riformista: dal 1967 il paese aveva inaugurato legami commerciali con la Germania occidentale e persino con gli USA. I vertici dell’URSS e degli altri regimi dell’Est vedevano insomma emanare dalla Cecoslovacchia un rischio di contagio liberale che li impauriva. I dirigenti sovietici ritenevano ormai indispensabile intervenire per bloccare la “controrivoluzione”, assicurare la saldezza dell’alleanza e salvaguardare i propri regimi. Mosca quindi optava per l’azione militare, invadendo la Cecoslovacchia. Non incontrarono una resistenza armata, ma l’opposizione generalizzata di quasi tutta la popolazione. Breznev teorizzava questo nuovo ordine con la teoria che portava il suo nome sostenendo che la sovranità di ogni membro della comunità socialista era limitata dagli interessi del movimento comunista internazionale, e quindi in ultima analisi dell’ URSS.

In Occidente, agli occhi delle nuove generazioni, l’URSS assumeva ora l’immagine di una dittatura pura e semplice. La guerra ideologica usciva definitivamente di scena per essere sostituita dalla centralità dei diritti civili e umani.

Con la “crisi” degli USA entravano in fibrillazione due miti centrali per l’ identità del paese:

  1. Convinzione pragmatica che gli Stati Uniti sapessero definire la causa per cui battersi e vincerla.

  2. Certezza che gli Stati Uniti fossero una forza di progresso nella vita internazionale.

Privato di questi suoi ancoraggi il paese andava alle elezioni con il suo maggiore partito sotto il fuoco incrociato di molteplici fonti di scontento è Ne veniva fuori la vittoria del repubblicano Nixon.

Est è fine 1968 è L’ URSS imponeva il suo controllo sul Patto di Varsavia e bloccava le trasformazioni delle società socialiste, le cui ambizioni di riforma dovevano ora ridursi forzatamente a un dissenso semiclandestino.

 

 

  1. Oltre il dopoguerra

Il riarmo strategico continuava portando i sovietici ormai alle soglie della parità.

Nel 1970 si svilupparono le prime rivolte operaie nel blocco socialista, che segnalarono il pericolo dell’insoddisfazione popolare. Il regime comunista rispose con il ricorso ai crediti occidentali per aumentare la disponibilità di beni di consumo essenziali: erano segni chiari delle insufficienze strutturali del sistema, che avrebbero condotto a una dipendenza via via più profonda dall’Occidente.  Mentre in Occidente e nel resto del mondo permaneva la convinzione che alla forza dello stato sovietico corrispondesse una sostanziale solidità del sistema.

Ma il controllo dei regimi socialisti sulla popolazione e i propri confini restava intatto. I conservatori tedeschi e di tutta Europa temevano che la guerra fredda finisse con un disarmo occidentale e un sostanziale rafforzamento del blocco sovietico.

Sorprendente  fu la svolta di Pechino. Per tre anni la Cina era stata totalmente assorbita nei conflitti interni della “rivoluzione culturale”, secondo la quale l’URSS incarnava il cattivo esempio da estirpare per avanzare sulla strada del comunismo. L’URSS era la grande potenza che aveva voluto controllare la rivoluzione cinese e le ambizioni del nuovo stato rivoluzionario, imponendo un rapporto non paritario tra i due partiti comunisti. I sovietici, allarmati, irrobustirono la loro presenza militare sui confini, ma Pechino pensò di mostrarsi risoluta per dissuadere Mosca. La rottura ideologica tra i due colossi comunisti era divenuta un conflitto di potenza. La scelta di Mao fu di mettere da parte il radicalismo ideologico, porre fine alla rivoluzione culturale e iniziare a lanciare segnali d’interesse nei confronti degli Stati Uniti per fare uscire la Cina dall’isolamento.  Gli Stati Uniti mostrarono subito il loro interesse a un reingresso della Cina nel sistema internazionale e c’era, soprattutto, la convinzione di poter usare la ricerca di rapporti con la Cina per turbare i sovietici, ovvero come carta aggiuntiva con cui premere su Mosca in chiave diplomatica. Washington infatti acquisiva la possibilità di sfruttare la rivalità tra le due potenze comuniste per dialogare con Mosca da posizioni più forti.

Washington metteva in atto una strategia intrinsecamente conservatrice che mirava a congelare lo status quo nel mondo e in particolare il Europa, facendone un’ equilibrio condiviso e in una certa misura cogestito per consolidare il primato di ciascuna superpotenza nel suo blocco.

 

 

Capitolo 5 – Apogeo e disfatta della distensione, 1972/1980

Alla fine de decennio le due alleanze erano nuovamente avvolte in una spirale antagonistica di riarmo e si accusavano a vicenda di coltivare pericolose strategie espansionistiche .

Natale 1972 è URSS invadeva l’ Afghanistan è il presidente americano Carter la vedeva come la più seria minaccia alla pace della seconda guerra mondiale.

5 anni dopo il loro incontro nello spazio USA e URSS tornavano ad immergersi in una “seconda guerra fredda” con modalità simili alla prima: aspra polemica ideologica, intenso riarmo, conflitto indiretto in guerre locali in Asia Africa e America centrale.

L’ arco temporale della distensione fu accompagnato da una parola chiave così ricorrente e diffusa da contrassegnare l’ intero decennio : CRISI. Crisi nell’ economia occidentale con la ricomparsa della disoccupazione e dell’ inflazione. Crisi dell’ America e della sua egemonia internazionale (sconfitti in Vietnam, sfidati dall’ URSS  su nuovi fronti, meno capaci di controllare le zone di instabilità). La crisi per antonomasia fu poi quella mediorientale e petrolifera è il ricorrente scontro arabo-israeliano si trasformava nel conflitto israelo-palestinese (da qui in poi epicentro irrisolto di un’ instabilità regionale).

Glia anni ’70 si erano quindi caratterizzati per aspettative sbagliate e percezioni distorte è la ripetitività degli schemi passati era più apparente che reale, perché il riaccendersi dell’ antagonismo avveniva in presenza di contesti mutilati e innovazioni inedite.

 

1. La crisi americana

1969 è quando l’ amministrazione Nixon si insediò alla Casa Bianca temeva lo scivolare del paese verso uno stato d’ animo “limitazionista” volto a ridurre gli impegni internazionali è Nixon voleva evitare questo.

La guerra in Indocina era l’ alimento principale della protesta e della disgregazione interna, era soprattutto la manifestazione più tangibile del declino della capacità di esercitare leadership internazionale.

Non si poteva più vincere quindi Nixon procedette con due strategie:

  1. Con la “vietnamizzazione” : le forze armate americane vennero pian piano ritirate e sostituite dall’ esercito di Saigon (debitamente rifornito dagli USA) è così diminuirono le vittime americane e fu possibile abolire la leva.

  2. Nixon tentò di piegare Hanoi con la pressione militare è qui la guerra entrò nella sua fase più devastante

Ciò non sciolse il nodo politico al centro del conflitto, ovvero il futuro del regime di Saigon, che non stava più in piedi senza il sostegno americano. Nixon capì che tutto ciò che poteva ottenere era un decente intervallo tra il completo ritiro delle proprie forze e l’ eventuale capitolazione di Saigon.

Il risultato fu un accordo siglato a Parigi il 17 gennaio 1973 che contemplava il cessate il fuoco e il pieno ritiro delle forze americane, lasciando alle parti vietnamite una soluzione concordata sul futuro del paese.

Sia Hanoi che Saigon violarono ripetutamente il cessate in fuoco, fino al 1975 quando il Nord lanciò un’ offensiva militare che travolse le forze del sud. Dopo 15 anni di guerra ininterrotta il paese era riunificato sotto il regime comunista.

 

La crisi mediorientale culminò nella guerra d’ ottobre del 1973. Il conflitto arabo-israeliano aveva origini e dinamiche proprie tuttavia dalla guerra del 1967 la presenza delle due superpotenze era divenuto un fattore rilevante (per l’ importanza dei rifornimenti e perché le loro strategie guardavano al Medio Oriente attraverso il prisma della rivalità bipolare.

Fu soprattutto Kissinger ad imprimere una distorsione decisamente bipolare alla diplomazia del conflitto. Finchè Israele restava abbastanza forte militarmente da non poter essere sconfitta sul campo le sue conquiste del 1967 obbligavano i paesi arabi a cercare una soluzione negoziata.

Gli USA erano gli unici ad avere l’ influenza necessaria per portare Tel Aviv a un accordo: avevano perciò una carta cruciale da offrire ai governi arabi interessati. In base a questo l’ amministrazione Nixon iniziò a raffigurare la situazione secondo la metafora del contenimento.

Venne detto all’ Egitto che la via per riottenere il Sinai occupato era quella di dialogare con gli USA e allontanarsi da Mosca, così da diminuirne l’ influenza nella regione. Ci volle però un’ altra guerra prima che questo quadro si realizzasse. Sadat alla guida dell’ Egitto (successore di Nasser) allontanò nel 1972 le unità sovietiche, non incontrò però un’ immediata rispondenza da Washington e Tel Aviv e si convinse che fosse necessario dare una dimostrazione di forza per indurre Israele alla trattativa. Rifornito da Mosca militarmente organizzò con la Siria un attacco alle posizioni israeliane è Israele si trovò in difficoltà su tutti i fronti. Nixon autorizzò un ponte aereo per rifornirla di armi e di munizioni.

Le forze di Tel Aviv si ripresero e lanciarono una controffensiva attraversando il canale di Suez e accerchiando le armate egiziane.

A quel punto gli egiziani chiesero un cessate in fuoco che fu votato dall’ ONU su richiesta di USA e URSS.

Le forze israeliane erano sul punto di annientare quelle egiziane e tardavano quindi a fermare le ostilità.

Bretznev propose a Nixon di intervenire congiuntamente per far rispettare il cessate il fuoco. A quel punto Kissinger vide la possibilità di completare il suo disegno, rifiutò la proposta di Mosca e minacciò l’ escalation della crisi in caso di intervento sovietico, mettendo in allarme le forze armate americane. Al tempo stesso intervenne su Israele per fermarne le azioni militari e consentire il rifornimento di viveri ai militari egiziano accerchiati. I sovietici non reagirono, le ostilità cessarono su tutti i fronti!

Israele aveva vinto e l’ intervento americano aveva prevenuto una catastrofe ancor più devastante per l’ Egitto.

La crisi mediorientale aveva dunque mostrato il carattere limitato e parziale della distensione, illuminandone le diverse interpretazioni dei leader sovietici e americani. Essa rovesciò sulla scena mondiale anche il problema del prezzo del petrolio.

Nel lungo boom postbellico la principale fonte di energia era divenuta il petrolio, il cui consumo mondiale era aumentato di quasi 5 volte. Il suo prezzo basso e stabile era stato uno dei fattori che aveva consentito la crescita  dei paesi industrializzati in condizioni di bassa inflazione. Ma quanto più importante diventava il consumo del petrolio tanto più saliva la dipendenza dalle sue importazioni. Europa e Giappone in particolare dipendevano dal medioriente. Questo dava potere contrattuale ai paesi produttori che ne alzarono il prezzo a partire dal 1971.

Il vero impatto venne però in seguito alla guerra arabo-israeliana. I paesi arabi spinsero per usare il loro potere economico in chiave anti-israeliana e l’ OPEC decise di ridurre la produzione, alzare i prezzi e differenziare le forniture a seconda delle posizioni assunte sul conflitto arabo-israeliano. Verso gli USA fu imposto un embargo delle forniture mentre i paesi dell’ Europa occidentale furono meno colpiti.

Tra ottobre e dicembre 1973 i prezzi del greggio moltiplicarono è a causa di questo tutti i paesi importatori andavano incontro a profondi deficit dei pagamenti esteri e ad un forte effetto inflazionistico.

Le aspettative ottimistiche che avevano accompagnato il lungo boom postbellico si rovesciavano in timore per il futuro.

 

2.Chi si avvantaggia della distensione?

Nella sua lunga guerra di posizione con il capitalismo il Cremlino concepiva quindi la distensione come leva per gestire la crisi dell’ imperialismo entro un moto storico verso l’ affermazione del socialismo su scala planetaria.

Alla distensione si attribuiva poi il vantaggio di facilitare la stabilizzazione della società e dell’ impero sovietico.

I dirigenti sovietici erano timorosi delle contaminazioni culturali che potevano derivare dagli accresciuti contatti con l’ occidente e dalla minore tensione ideologica. Nell’ URSS e nei paesi satelliti partì quindi un intensificazione dei controlli e della repressione del dissenso.

 

Parte dell’ intellettualità liberal reagiva alla crisi americana con una critica frontale all’ idea di abdicare alla preminenza strategica, accogliere la parità con l’ URSS e concedere una sorta di equivalenza morale. Questo nuovo spirito avrebbe presto assunto l’ etichetta di neoconservatorismo. I neoconservatori criticavano una serie di processi: il primo dei loro bersagli era la condiscendenza verso la fine della superiorità strategica e dell’ eccezionalità morale americana. Il secondo era l’ assedio di Israele che pareva loro in pericolo di venir sacrificato dalla diplomazia del negoziato e dalle crescenti critiche europee.

 

L’ Italia era il paese più dissestato dal disordine economico internazionale, era attraversato da forti conflitti sociali e vedeva crescere il ricorso alla violenza politica che stava tramutandosi in terrorismo organizzato. Il suo sistema politico faticava a trovare risposte efficaci ed era incalzato da un Partito comunista che aumentava i consensi e proponeva un “compromesso storico” tra le forze democratiche che lo includesse nell’ area di governo. Berlinguer propugnava un’ Europa indipendente (né antiamericana, né antisovietica)  in cui i comunisti occidentali potessero agire più liberamente, svincolandosi sia dalle costrizioni atlantiche sia dalla leadership sovietica.

La Comunità Europea si rivelava un epicentro istituzionale gradualmente più capace di coordinare l’ azione internazionale degli europei.

Il procedere della distensione bipolare era un incentivo a perseguire una distensione intraeuropea. Nella cultura pubblica dell’ Europa occidentale era ormai predominante la convinzione che l’ antagonismo della guerra fredda fosse un pericolo da relegare al passato e sostituire con relazioni più cooperative.

L’ ambito più importante in cui tutto ciò si manifestò fu la conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa ( CSCE ). Quella di un consesso paneuropeo che stabilisse i rapporti di buon vicinato fra tutti gli stati e riconoscesse formalmente i confini del 1945 era una vecchia idea dei sovietici, che avrebbero così legittimato lo status quo e il proprio dominio sull’ Europa orientale.

1 agosto 1975 Helsenki è 33 paesi siglarono l’ atto finale della CSCE è dove confluirono importanti principi e norme di cooperazione, facendone una sorte di carta costituzionale della distensione europea. I firmatari si impegnavano ad astenersi dall’ uso della forza e a rispettare la reciproca sovranità e l’ inviolabilità delle frontiere. Una seconda sezione definiva i termini di cooperazione tecnica, industriale ed energetica con l’ intento di moltiplicare gli scambi commerciali. Una terza sezione riguardava i diritti dei cittadini e impegnava gli stati firmatari a rispettare i diritti dell’ uomo e le libertà fondamentali, a garantire contatti tra le persone e facilitare il flusso di informazioni.

Erano stati i paesi della Comunità Europea a imporre le clausole sui diritti umani superando le diffidenze sovietiche e il disinteresse americano.

Nel 1975 nessuno poteva realisticamente immaginare il rapido indebolirsi dei regimi dell’ est e tanto meno il loro crollo, ma quella Helsenki era una distensione mirata a moltiplicare i contatti, diluire le divisioni e favorire una graduale apertura dell’ Est.

Washington e Mosca perseguivano intanto il loro dialogo sugli armamenti strategici è SALT II è il principio era quello di una stretta equivalenza numerica. Lo scopo dell’ URSS era di vincolare gli USA alla parità perché vedevano nella superiorità strategica la leva che l’ Occidente aveva fino ad allora usato per contenere il socialismo e le rivoluzioni.

Secondo il Cremlino un Terzo Mondo finalmente libero di avanzare verso il socialismo era ostacolato solo dalle intromissioni degli USA e dei loro alleati. La crisi dell’ America e l’ accresciuta capacità militare sovietica delineavano la possibilità di intervenire con pochi rischi immediati, approfondire la crisi dell’ imperialismo e assumere la guida dei movimenti di liberazione inglobandoli in un campo socialista in esorabile espansione .

MPLA : Movimento Popolare di Liberazione dell’ Angola è un partito politico angolano che ha guidato il paese dall’ indipendenza del 1975. Il MPLA ha combattuto contro il Portogallo per l’ indipendenza dal 1961 al 1975.

Dopo il ritiro dei Portoghesi, nel 1974, in Angola scoppiò una guerra civile. Il Sudafrica e gli USA sostenevano due movimenti nazionalisti (FNLA- Fronte nazionale di liberazione dell’ Angola- e UNITA – Unione Nazionale per l’ indipendenza totale dell’ Angola) per prevenire la vittoria del MPLA. Il capo dell’ MPLA Neto si rivolse a Mosca chiedendo assistenza militare per vincere un conflitto che presentò come emblematico dello scontro tra imperialismo e socialismo. Lo stesso fecero l’ African national congress di Mandela (principale forza clandestina di opposizione in sudafrica) e il governo di Cuba che da tempo aiutava l’ MPLA e altri movimenti rivoluzionari africani. Il Cremlino esitava, aveva scarsa fiducia nell’ MPLA. Fu Castro ad inviare reparti cubani e mandarli in battaglia quando le truppe sudafricane penetrarono nell’ Angola meridionale. La guerra si stava internazionalizzando e fu allora che Mosca si convinse avviando un ponte aereo per trasportare le forze cubane e armi pesanti. L’ invasione sudafricana fu respinta e l’ MPLA proclamò la vittoria nel 1976.  L’ appoggio cubano e sovietico consentì all’ MPLA di sopravvivere e conquistare il controllo di buona parte del paese.

Nel 1976 tuttavia l’ intervento cubano e sovietico si rivelò un moltiplicatore dei problemi che cominciavano ad assediare la distensione.

3.Il parto travagliato di una nuova economia mondiale

Nell’ inverno 1973-74 diversi governi europei imponevano drastiche misure di risparmio energetico per fronteggiare il rincaro del greggio. L’ occidente scivolava nella prima, seria recessione del dopoguerra. L’ inflazione saliva a 2 cifre. In Europa come in America le produzioni manifatturiere più antiche chiudevano o riducevano l’ attività alimentando una crescente disoccupazione.

Era iniziata la deindustrializzazione delle economie più mature. Ciò produsse tensioni nell’ economia internazionale. Il primo grande sintomo era stato il deteriorarsi della bilancia dei pagamenti americana ( a cui Nixon rispose con la fine del sistema di Bretton Woods, la svalutazione del dollaro e la facilitazione di una maggiore circolazione internazionale dei capitali). L’ effetto fu quello di spalmare la crisi dei profitti sulle altre economie industriali, facilitare la ristrutturazione delle aziende americane e incentivare le multinazionali a operare sempre più intensamente sui mercati esteri.

Dal 1973 le monete iniziarono a fluttuare liberamente aprendo la strada ad un’ espansione vertiginosa della circolazione mondiale dei capitali.

Dopo 2 anni di tensioni Europa e America si riavvicinarono con il vertice di Rambouillet del novembre 1975 e diedero vita al G7, coordinamento periodico tra i governi delle maggiori economie occidentali.

Si delineava in questo periodo la cornice di quella che poi chiameremo globalizzazione.

Le economie dell’ Europa America e Giappone stavano diventando sempre più interdipendenti.

Un complesso intreccio di trasformazioni economiche, scelte monetarie, flussi finanziari e innovazioni tecnologiche stava plasmando un regime economico internazionale che favoriva questo modello di fuoriuscita dal sottosviluppo basato su una crescente interdipendenza con i mercati, i capitali e il tessuto produttivo dei poli più ricchi del capitalismo. All’ immagine di un Terzo Mondo unitario si sostituiva la chiara percezione di una frammentazione.

Per l’ America, che non riusciva comunque a scrollarsi di dosso i suoi problemi,  il punto di svolta avvenne nel 1979 quando la Federal Reserve guidata da Volker intervenne a limitare l’ offerta di moneta e rialzò i tassi di interesse per stroncare l’ infalzione. Di lì a poco con la vittoria di Regan che portava le dottrine neoliberiste alla presidenza USA sarebbe seguita una diminuzione delle tasse sulle imprese e dei controlli sui capitali. Da queste misure scaturiva una brusca recessione che avrebbe spinto l’ inflazione e accelerato drammaticamente la deindustrializzazione, ma anche un potente afflusso di capitali verso il dollaro.

In un mercato mondiale in cui la competizione per i capitali stava diventando la misura principale delle possibilità di crescita,  gli USA si trasformavano da esportatori a importatori netti di capitali, e su larghissima scala. Dopo che dalla recessione del 1980-82 sorse un nuovo, inteso boom dell’ economia statunitense, ciò consentì loro di finanziare più agevolmente nuove politiche di spesa militare e la transizione postindustriale a un’ economia di alte tecnologie e servizi.

Nel frattempo la divaricazione dei destini del Terzo Mondo accelerava bruscamente.

Prendeva forma un nuovo circolo vizioso tra la domanda americana di beni, finanziata dall’ afflusso di capitali internazionali, e lo sviluppo di nuovi poli di crescita in un’ economia sempre più globale, e diseguale.

Il dollaro diventava la moneta principale di un regime di aperta concorrenza, anche valutaria, per attrarre capitali. Da grande creditore mondiale il paese si trasformava nel principale recettore di capitali. All’ esportazione di un modello industriale si sostituiva la generazione e diffusione di tecnologie avanzate. Il mercato americano diventava il più grande importatore mondiale di merci.

Nella sua mutazione verso l’ economia postindustriale l’ Occidente riuscì a evitare la crisi vera e propria grazie agli istituti pubblici che garantivano alti livelli di sicurezza economica ai cittadini.

Negli anni ’70 l’ URSS era il primo produttore mondiale di acciaio e gli alti prezzi per le sue esportazioni di oro, petrolio e armi le facevano guadagnare una valuta con cui importava macchinari, beni di consumo e alimentari. Ma il lungo ciclo dell’ industrializzazione era ormai giunto a saturazione anche per le società socialiste e non dava più particolari guadagni di produttività. Nella seconda metà degli anni ’70  si passò dalla crescita ad una sostanziale stagnazione delle economie socialiste è che si indebitano con le banche e i governi occidentali, a partire da quello tedesco.

Negli anni ’70 la spasmodica ricerca imprenditoriale di nuovi mercati del consumo si interfacciava con la diversificazione e liberalizzazione di linguaggi, mode e stili di vita scaturita dagli anni ’60.

Erano inoltre i linguaggi quelli del consumo che iniziavano a mostrare caratteri transnazionali  (sport e musica).

Le società del blocco sovietico guardavano a questi processi senza poter essere davvero partecipi.

L’ apparente benessere consumistico delle società occidentali anche nel pieno della loro crisi sfatava ogni teoria sull’ impoverimento delle masse nel capitalismo.

L’ assunto di un Terzo Mondo impoverito da un imperialismo rapace era scosso dall’ emergere delle economie asiatiche, che risaltava ancor di più nel confronto con i nuovi regimi comunisti.

 

4.La distensione si sgretola

Carter è nuovo presidente democratico vedeva un mondo mosso da una domanda di democrazia e libertà di cui gli Stati Uniti  dovevano essere l’ interlocutore naturale. La sua politica estera usava il linguaggio dei diritti umani per far ritrovare agli USA legittimità e influenza e al tempo stesso approfondire la distensione con l’ URSS.

Il compiersi della decolonizzazione aveva moltiplicato le valenze economiche e razziali dei diritti umani che risuonavano ormai quotidianamente alle Nazioni Unite.

L’ atto di Helsenki li aveva inseriti a pieno titolo nella distensione e nelle relazioni bipolari. La forte crescita di movimenti transnazionali e organizzazioni non governative dava voce ad un’ opinione pubblica internazionale che sempre più anteponeva i diritti umani alle sovranità statali e gli schieramenti ideologici.

La diplomazia di Carter otteneva risultati significativi e il Cremlino era preoccupato degli effetti di Helsenki.

Sulla questione degli armamenti i primi passi furono problematici. Sovietici e americani volevano riprendere il negoziato sul SALT II. Carter proponeva profondi tagli agli arsenali strategici. Era un cambio di logica sorprendente e sgradito ai sovietici che imperniavano la loro deterrenza sul gran numero dei propri ICBM, vista la maggior sofisticazione e precisione delle armi americane. I dirigenti del Cremlino lessero in queste prime mosse di Carter un tentativo di metterli in difficoltà.

Il negoziato per il SALT II proseguiva ma tra crescenti malintesi. Carter era quindi sottoposto ad una crescente pressione pubblica in favore di una diplomazia più intransigente, e riusciva sempre meno a dominare il dibattito politico e legittimare la distensione. Tra il 1977 e 1979 essa conosceva perciò una precipitosa discesa.

Il primo ostacolo sorse in Europa. Nel 1976 i sovietici iniziarono a sostituire delle loro vecchie armi nucleari puntate sull’ Europa occidentale con nuovi missili, mobili e più veloci, gli SS-20.

Il cancelliere tedesco Schmidt denunciò il rischio che i sovietici potessero minacciare l’ Europa occidentale.

Si aprì quindi una stagione di discordie e recriminazioni che la NATO risolse solo nel 1979 con la scelta di opporre agli SS-20 dei nuovi missili nucleari basati in Europa.

Si tornava quindi a quella dinamica di riarmo antagonistico a cui la distensione doveva teoricamente aver messo fine.

La decisione di Mosca aveva fornito alimento a chi dubitava delle intenzioni sovietiche, rendendo assai più diffusa la nozione che il Cremlino sfruttasse la distensione per indebolire l’ Occidente. E quest’ ansia allarmistica assunse ancor più forza difronte al crescente impegno di Mosca in Africa.

Nel Corno d’ Africa si apriva una nuova faglia di conflitto.

Nel 1974 una rivoluzione militare aveva portato al potere in Europa Menghistu che avviò una riforma agraria e si ritrovò presto a condurre una spietata repressione contro le numerose opposizioni. Al culmine di questo terrore rosso, tra Somalia ed Etiopia iniziò una guerra per il controllo della regione contesa dell’ Ogaden. Menghistu chiese aiuto a Mosca, mail Cremlino esitava ad abbandonare la Somalia.

Fu Fidel Castro ad avere un ruolo propulsore. Il presidente cubano giunse in Etiopia nella primavera del 1977 e si persuase che quella di Menghistu era una vera rivoluzione.

Ne riferì subito a Bretznev invitandolo a rompere con la Somalia e a sostenere l’ esperimento socialista in Etiopia.

Il Cremlino invitò Menghistu a Mosca per dei colloqui, e il dittatore Etiope li preparò espellendo tutte le organizzazioni statunitensi dal paese.

I sovietici videro in Menghistu un promettente alleato ideologico e strategico, che poteva dare loro accesso al Mar Rosso. Gli diedero massicci aiuti militari creando un potente esercito moderno assistito da un migliaio di ufficiali sovietici e diciassettemila soldati cubani. Gli USA appoggiarono la Somalia ma senza fornirle seri aiuti. Nel 1978 la guerra si concludeva con la vittoria di Menghistu. Per i funzionari e i sovietici che avevano gestito la campagna era un trionfo che elevava l’ URSS a superpotenza di portata globale come gli USA.

I capi sovietici concepivano il sostegno alle rivoluzioni e l’ estensione della propria influenza nel Terzo Mondo non solo come legittima manifestazione della propria potenza, ma come il necessario, essenziale fattore che obbligava gli USA alla distensione.

Alla fine del 1978 fu annunciata la ripresa delle piene relazioni diplomatiche tra Cina e USA, che lasciò di stucco i sovietici. A Pechino era ormai al comando Deong Xiaoping, che stava scegliendo di modernizzare il paese attraverso una graduale apertura all’ occidente e all’ economia di mercato.

Solo più l’ esile filo dei negoziati per il SALT II manteneva in vita una distensione ormai logora e visibilmente assediata da propensioni alla rivalità.

A partire dalla fine del 1978 l’ amministrazione Carter dovette fare i conti con la rivoluzione in Iran, il più importante alleato degli USA nella regione del Golfo Persico.

Iran è per la prima volta si affermava una rivoluzione che non si appoggiava a una delle due superpotenze né guardava alle loro filosofie di modernizzazione scientiste e secolari. Al contrario essa privilegiava un’ identità religiosa elevandola a criterio di riorganizzazione di una società sottratta alle influenze dell’ Est e dell’ Ovest.

Carter rigettava la prospettiva di un intervento americano in Iran (dopo l’ esperienza traumatica in Vietnam).

Nel giugno 1979 Carter e Bretznev si incontravano finalmente a Vienna per firmare il SALT II. I due leader restavano convinti della necessità di contenere la corsa agli armamenti, ma su ogni altra posizione le loro questioni erano distanti se non opposte, e le aspettative reciproche erano ormai dominate dalla diffidenza.

Carter appariva ormai all’ elettorato americano, e a non pochi governi alleati, come u leader esitante e passivo, in balia di eventi che non riusciva a dominare.

Ma le difficoltà si moltiplicavano anche per i sovietici. Se l’ incidenza del dissenso nei paesi dell’ Est era tenuta sotto controllo dagli apparati repressivi, la precarietà delle condizioni economiche e l’ impopolarità dei regimi li esponeva a un’ endemica fragilità.

La NATO stava ritrovando la sua unità intorno alla scelta di controbilanciare gli SS-20 sovietici con nuovi vettori nucleari. Il 12 dicembre 1979 decideva infatti di schierare 108 missili Pershing II e 464 Cruise.

Questi riaprivano per l’ URSS il rischio di un primo colpo di sorpresa che ne disabilitasse i centri di comando. Il botta e risposta tra Est e Ovest sugli euromissili era divenuto per il Cremlino una vicenda disastrosa.

Negli stessi giorni i sovietici erano difronte ad una crisi lontana ma ancor più gravida di conseguenze, quella afghana.  A Kabul era al potere un partito comunista deciso a imporre il suo controllo sul paese è opposizione delle elite locali e delle popolazioni. Nel febbraio 1979 l’ insurrezione della città di Herat e la sua repressione da parte dell’ esercito provocavano oltre 5000 vittime. Il regime precivitava nel caos facendo emergere il leader di cui i sovietici meno si fidavano Amin.

Mosca iniziò a ritenere necessaria una svolta politica. La guerriglia stava dilagando mentre le purghe avviate da Amin indebolivano l’ esercito e rigonfiavano le schiere dell’ opposizione.

A partire dal 25 dicembre 1979 i reparti dell’ Armata rossa occupavano i punti nevralgici dell’ Afghanistan, ne chiudevano gli accessi al Pakistan e Iran e sostituivano ad Amin Karmal. Per i sovietici iniziava così l’ ultima, catastrofica avventura imperiale che alla fine sarebbe costata loro 15.000 morti.

Per l’ Afghanistan era l’ inizion di una guerra che avrebbe devastato il paese, con 1.000.000 di vittime e 5.000.000 di rifugiati nei paesi confinanti.

  • Abbandono della distensione tra le superpotenze. Mentre il decennio della distensione si chiudeva, l’ impero sovietico si ritrovava esposto a crescenti vulnerabilità e più debole sotto il profilo economico e tecnologico.

Gli USA acquisivano invece una convinta e trionfale persuasione della propria superiorità e della necessità di utilizzarla a fondo per dominare una nuova epoca di antagonismo.

Gli USA non dominavano più un blocco coeso.

 

Capitolo 6 – Il cerchio si chiude, 1981-1990

All’ inizio del 1983 l’ intera rete spionistica del KGB nei paesi occidentali fu messa in allerta con l’ ordine di scoprire ogni segnale, ogni minimo indizio di eventuali preparativi per un attacco nucleare a sorpresa contro l’ URSS. Non vi era alcuna intenzione così sconsiderata, ma la politica antisovietica dell’ amministrazione Regan stava spaventando il Cremlino.

La guerra fredda tornò a vertere sul suo baricentro europeo. E trovò lì la sua soluzione quando la rinuncia dei vertici sovietici alla dottrina della lotta di classe internazionale, e la conseguente ritirata dalla strategia di dominio imperiale, consentirono finalmente di sciogliere i nodi intorno a cui il conflitto bipolare era sorto: l’ indipendenza di una Polonia democratica; la portata dell’ influenza sovietica nell’ Europa centro-orientale; la sovranità, unità e collocazione internazionale della Germania. Con sue cospicue differenze rispetto al 1945. La prima fu rappresentata dal protagonismo dei cittadini dell’ Europa centro orientale che riuscirono finalmente ad avere voce. La seconda concerneva il contesto globale, fattore cruciale per la loro realizzabilità.

 

1.La controrivoluzione avanza su ogni fronte

Regan è programma economico è deregolamentare i mercati, remunerare gli investimenti e favorire l’ inziativa imprenditoriale erano i capisaldi della trionfante dottrina liberista che contrapponeva l’ individuo allo stato.

Il suo primo bersaglio era la psicologia della distensione che andava archiviata anche nel suo assunto essenziale: quella legittimazione dell’ URSS come interlocutore paritario che i neoconservatori, e Regan in particolare, rigettavano in termini sia morali che strategici.

Regan ribaltava sul comunismo sovietico quell’ aura di vulnerabilità e obsolescenza storica che molti avevano in precedenza attribuito all’ Occidente e in particolare agli USA.

La strategia di Regan era quella di accrescere la forza dell’ America e aggravare le difficoltà dell’ URSS. Per questo avviò un intenso programma di ampliamento e modernizzazione delle forze armate.

Ma nel riarmo operava anche una nuova aspirazione legata alle palesi difficoltà dell’ economia sovietica. La sua incipiente stagnazione avrebbe infatti reso difficile per i dirigenti sovietici imbarcarsi in un nuovo ciclo di prolungato e intenso riarmo.

L’ amministrazione Regan non perseguiva la “vittoria” nella guerra fredda bensì un’ alterazione nella sua dinamica per rompere lo stallo che essa riteneva immorale, pericoloso e soprattutto evitabile.

L’ influenza internazionale dell’ ideologia comunista e la sua stessa rilevanza come cultura della trasformazione politica erano in caduta verticale.

A fine anni ’70 la dipendenza dei regimi dell’ Est dai crediti occidentali si era fatta Endemica e talmente alta da far rischiare l’ insolvenza. Ma ogni tentativo di ridurla, contenendo le importazioni e i consumi avrebbe necessariamente comportato drastiche riforme delle economie socialiste, o sollevato il dissenso e la protesta. Fu quel che accadde in Polonia nell’ estate de 1980: quando il governo annunciò l’ aumento dei prezzi della carne, in molte fabbriche del paese scattarono gli scioperi.

Poteva essere l’ ennesima ribellione repressa con la forza, ma il contesto era diverso e il regime assai più insicuro.

Nei cantieri navali di Danzica, occupati dai lavoratori, nasceva il sindacato non ufficiale Solidarnosc.

Il regime si sentì costretto a scendere a patti e con gli accordi di Danzica riconobbe il diritto allo sciopero, all’ associazione sindacale e alla libertà d espressione. Solidarnosc raggiunse presto i 10.000.000 di iscritti divenendo un contropotere indipendente che dava vita a un dualismo di autorità senza precedenti in un paese comunista.

I dirigenti sovietici criticarono subito gli accordi di Danzica e l’ arrendevolezza del governo di Varsavia perché temevano che l’ autorità di Solidarnosc e della Chiesa mettessero in pericolo la fedeltà socialista della Polonia, e quindi la solidità del Patto di Varsavia e del loro impero. Erano anche preoccupati di un contagio delle rivendicazioni operaie sia nell’ URSS sia negli altri paesi dell’ Est. Ma sapevano che un intervento militare sovietico avrebbe precipitato l’ URSS in una grave crisi internazionale dagli esiti incerti e i costi altissimi.

Le crescenti difficoltà economiche stimolavano nuovi scioperi. Negli atteggiamenti quotidiani e nei comportamenti collettivi la società polacca si scrollava di dosso la disciplina del regime.

Nell’ autunno la situazione si radicalizzò. Il Patto di Varsavia organizzava manovre militari sui confini del paese. Solidarnosc auspicava la formazione di sindacati indipendenti negli altri paesi dell’ Est e le sue componenti più radicali iniziarono a chiedere libere elezioni.

Il 13 dicembre Varsavia impose la legge marziale è misura estrema di salvezza della nazione ( essa salvò soprattutto i dirigenti sovietici dai loro dilemmi).

Gravità di una situazione finanziaria dell’ URSS è importanza cruciale assumono le relazioni con l’ occidente per l’ accesso ai loro crediti.

La legge marziale comportò l’ arresto di migliaia di dirigenti e militanti di Solidarnosc, il ritorno alla censura e il tentativo di gestire l’ economia con la disciplina militare. Dopo alcune proteste represse con violenza, l’ esercito riuscì a imporre il suo ordine, anche se la popolazione rimaneva largamente ostile e il trapasso di poteri dal partito ai militari era eloquente testimonianza del tracollo dell’ ideologia comunista.

Washington impose sanzioni commerciali sia alla Polonia che all’ URSS, si attivò per finanziare clandestinamente Solidarnosc e vide nella crisi l’ occasione per incrementare le difficoltà del blocco sovietico. Ma era una politica che incontrava più difficoltà che successi.

Gli europei volevano accrescere il loro interscambio con Mosca nella convinzione che ciò non aiutasse solo le loro economie ma anche la prosecuzione di un dialogo Est-Ovest che intendevano assolutamente salvaguardare anche nel nuovo clima di antagonismo bipolare. All’ inizio del 1982 la CEE condannò perciò la legge marziale e le pressioni di Mosca sulla Polonia, ma si rifiutò di prendere qualsiasi misura punitiva. Negli anni successivi i crediti all’ Est e gli scambi con l’ URSS continuarono ad aumentare e intorno all’ attrito euroamericano sul gasdotto siberiano finì per consolidarsi una vera e propria spaccatura dell’ occidente sulla politica verso l’ Est. Se Washington puntava a una solidarietà occidentale che isolasse Mosca e acuisse la pressione economica sull’ Est, gli europei insistevano sulla cooperazione come strada maestra per migliorare le condizioni dei cittadini dell’ Est e avvicinare gradualmente quei regimi all’ occidente.

Quanto più cresceva lo scambio fondato sull’ indebitamento e tanto maggiori divenivano i rischi di insolvenza.

La crisi polacca aveva mostrato i limiti della potenza sovietica.

La dottrina Regan impegnava il governo degli USA a sostenere attivamente i combattenti per la libertà che sfidavano la potenza o l’ ideologia sovietica. Il primo fronte era l’ Afghanistan, l’ altro era l’ America Centrale.

 

2.Olocausto nucleare

Il pericolo nucleare torna il primo piano è la percezione di un pericolo atomico aveva cominciato ad affacciarsi già alla fine degli anni ’70.

Ritorno a una dinamica di riarmo da parte delle 2 potenze è a questo si aggiungeva il programma di rafforzamento militare lanciato dall’ amministrazione Regan. Oltre ad irrobustire le forze convenzionali esso prevedeva grandi investimenti per rinnovare l’ arsenale strategico con una nuova generazione di bombe, missili e bombardieri tecnologicamente più avanzati.

In Europa la manifestazione pacifista culminò nelle manifestazioni dell’ ’83.

Il 1983 vide un crescendo di tensione, culminato nell’ autunno durante il quale il pericolo di guerra fu il più alto dalla crisi di Cuba nel 1962. L’ equilibrio strategico stava cambiando a sfavore dell’ URSS e sarebbe diventato sempre peggiore. è massimo stato di allerta è 1 settembre 1983 la pressione allarmistica produsse una tragedia. Un aereo di linea coreano penetrato per sbaglio nello spazio aereo sovietico fu intercettato e abbattuto dai caccia sovietici, che forse temevano di avere a che fare con un aereo spia americano, morirono 269 persone è Condanna della durezza paranoica è Mosca si sentiva ancora più assediata.

Regan si spostava al centro dell’ arena pubblica come fautore di un disarmo nucleare che contenesse l’ antagonismo nel perimetro di una “competizione pacifica”.

L’ obsolescenza economica stava inducendo un progressivo peggioramento del tenore di vita sia nell’ URSS che in tutto il blocco socialista.

 

 

3.Gorbacev

L’ 11 marzo 1985 il Politburo insediava un nuovo segretario generale del PCUS: Michael Seergevic Gorbacev (energica personalità, non aveva un programma predefinito di riforme ma riconosceva apertamente le drammatiche difficoltà del sistema sovietico).

Gorbacev non voleva precipitare in un arretramento delle posizioni sovietiche e restava convinto che nel Terzo Mondo si scontrassero socialismo e imperialismo. Cercò di migliorare le relazioni con alleati importanti come India e Iraq e aumentò gli aiuti al Nicaragua sandinista. Pensava anche di ritirarsi dall’ Afghanistan ma voleva farlo con un accordo internazionale che garantisse la sopravvivenza di un regime non ostile. Si rese presto conto che la svolta politica che andava cercando doveva fondarsi sul miglioramento dei rapporti con l’ occidente, e in particolare con gli USA, vista la priorità della riduzione della spesa militare.

Gorbacev giunse a immaginare di poter rifondare l’ ordine internazionale intorno ad una riconciliazione universale fondata sull’ esclusione dell’ uso della forza.

Consapevoli di essere ormai in una posizione di forza gli Stati Uniti sceglievano di sfruttare le difficoltà dei sovietici per premere su Gorbacev e forzarlo a concessioni su più tavoli.

All’ inizio del 1986 Gorbacev propose pubblicamente un piano di riduzione graduale e bilanciata dalle armi nucleari che portasse alla loro definitiva rimozione entro il 2000.

Gorbacev stava iniziando a demolire uno dei pilastri della guerra fredda. Volva invertire la corsa agli armamenti fino a smantellare gli arsenali nucleari, per stagioni strategiche e filosofiche oltre che economiche.

L’ urgenza che Gorbacev attribuiva ad una riforma del sistema sovietico e al superamento della guerra fredda fu drammaticamente acutizzata dal grave incidente di Cernobyl, in Ucraina, il 26 aprile 1986, quando l’ esplosione del reattore di una centrale nucleare disseminò una nube radioattiva su buona parte dell’ Europa orientale.

Mosca e Washington dialogavano non per stabilizzare la guerra fredda bensì per smontare il meccanismo della rivalità militare che la alimentava.

L’ urgenza che Gorbacev attribuiva al disarmo arrivava ad un primo risultato in autunno è trattato che per la prima volta aboliva un’ intera categoria di armamenti nucleari.

Il ridimensionamento degli interessi mondiali dell’ URSS stava ormai assumendo una dinamica a valanga dando una qualche plausibilità alla retorica messianica con cui Gorbacev prometteva di archiviare gli antagonismi e pacificare il mondo.

In meno di 4 anni aveva avviato un arretramento imperiale dell’ URSS, abbandonato la dottrina conflittuale delle relazioni internazionali che aveva caratterizzato l’ intera esperienza sovietica, ridefinito il bipolarismo svuotandolo del suo storico antagonismo.

 

4.1989

Regan era uscito di scena è Georg H. Bush

Gorbacev il 7 luglio disse ai dirigenti del patto di Varsavia che gli schemi della guerra fredda non operavano più: i blocchi si sarebbero avvicinati in una cooperazione paneuropea.

L’ URSS non garantiva più i governi dei paesi alleati, né era disposta a usare la forza in difesa di un ordine in via di superamento.

L’ enorme debito verso l’ occidente cresceva al ritmo di 500mln di marchi al mese e l’ insolvenza era imminente. L’ unica alternativa era ridurre i consumi del 30%; Krenz pensava anche ad una parziale apertura dei confini della Germania, il 9 novembre migliaia di berlinesi si riversarono lungo il muro e le guardie cedettero alla pressione e aprirono il passaggio. L’ apertura delle frontiere, che il regime della RDT avrebbe voluto centellinare per contrattare gli aiuti di Bonn era un fatto compiuto. La folla cominciava a demolire il muro pezzo a pezzo è quella sera si chiudeva un’ intera epoca della storia del sistema socialista.

Nel breve volgere di un autunno i regimi comunisti dell’ Est erano scomparsi. Con la sola eccezione della Romania si era trattato di rivoluzioni pacifiche. I protagonisti della liberazione non volevano combattere i loro nemici ma solo sbarazzarsene. L’ impero sovietico che Stalin aveva costruito tra il 1944-48 non c’era più.

Era quindi svanita la divisione dell’ Europa in due blocchi separati e contrapposti si cui il muro di Berlino era stato il simbolo più tetro.

La guerra fredda aveva già iniziato a tramontare per la rinuncia di Gorbacev a perseguirla: adesso era terminata.

L’ unificazione dei tedeschi tornava così al centro della politica internazionale. Nessuno voleva negare loro il diritto dell’ autodeterminazione, ma la prospettiva di una Germania riunificata al centro resuscitava tutte le tradizionali ansie sulla potenza tedesca.

Poco dopo l’ URSS acconsentiva a considerare l’ istituto fondamentale dell’ ordine occidentale ( NATO ) come base della nuova sicurezza europea.

La nuova mappa geopolitica d’ Europa non si limitava a rimpiazzare quella della guerra fredda. Essa cancellava le posizioni che l’ URSS aveva cancellato nel 1945, integrava organicamente tutta la Germania in occidente, perpetuava il ruolo di potenza europea degli USA e faceva della NATO l’ organismo principe della sicurezza continentale.

Germania è nel 1990 venne decisa la convocazione della conferenza che avrebbe preparato i trattati per l’ unione politica e monetaria.

Il 12 settembre i 2 stati tedeschi e le 4 potenze che avevano occupato il pase alla fine della 2° GM firmavano gli accordi per la riunificazione della Germania.

Il 3 ottobre 1990 la RDT cessava di esistere è i suoi cittadini e territori erano inglobati nella repubblica federale.

L’ attenuazione e poi la fine dell’ antagonismo bipolare stava allentando anche le condizioni che in altre parti del mondo avevano sostenuto dei sistemi autoritari.

La vittoria strategica dell’ Occidente nella guerra fredda assunse un trionfale avanzamento di ideali universali.

1990-1991 è crisi terminale del crollo dell’ URSS.

Con il collasso inglorioso ma incredibilmente, improbabilmente pacifico del tragico esperimento comunista che aveva profondamente segnato il Novecento, il sipario calava non solo sulla guerra fredda ( a tutti gli effetti finita con le rivoluzioni dell’ ’89 e la riunificazione tedesca) ma sull’ intero contesto ideologico e politico che l’ aveva generata.

 

Conclusioni

 

Il mondo che si profilava dopo la guerra fredda era davvero irriconoscibile, non solo per la scomparsa del comunismo sovietico. Al posto dei grandi imperi coloniali vi era più di un centinaio di nazioni indipendenti. Il diritto e la pratica del voto si era diffusa in ogni continente.

Nell’ agenda internazionale acquisivano sempre maggior preminenza questioni intrinsecamente comuni e globali, come quelle ecologiche.

Il cambiamento socioeconomico era stato ancora più radicale. Milioni di persone avevano lasciato la vita rurale per l’ industria e una modernità dei consumi che abbracciava gran parte del globo.

La gran parte della popolazione mondiale era ormai compartecipe di un mercato capitalistico globale.

I conflitti ovviamente non mancavano : ai più tradizionali e persistenti come quello israelo – palestinese, se ne affiancavano anche altri di imprevisti come la guerra nell’ ex Iugoslavia o gli stermini del Ruanda.

Era la nozione stessa di guerra ad essere profondamente mutata, ed è questo il lascito principale dell’ epoca della guerra fredda. La rivalità bipolare era sorta dopo che due guerre mondiali avevano installato la catastrofe al centro dei timori politici e delle ansie collettive.

In effetti il lungo, pericoloso apprendimento della logica della deterrenza nucleare è ciò che ha guidato i governi a maturare teorie e procedure per coesistere senza distruggersi, da cui le ricorrenti spinte alla distensione e stabilizzazione bipolare dopo la crisi del 1962.

Nella rilettura corrente prevale l’ idea che la guerra fredda sia stato un conflitto necessario grazie al quale il mondo adesso sembrerebbe ad un posto migliore.  Ma la incognica della potenza emergente cinese pone in dubbio questa certezza per il futuro.                                                                                                                          

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